Addio a Enrico Vaime, storica firma di autore televisivo

Le biografie che lo raccontano, concordano nel riconoscergli intuizioni, intelligenza, briosità nel cogliere situazioni e sintetizzarle in messaggi conditi con sale e pepe: Enrico Vaime era uno dei più innovativi e sagaci del linguaggio radiofonico e televisivo in Italia. L’autore televisivo è morto ieri al Policlinico Gemelli di Roma, all’età di 85 anni.
Nato a Perugia il 19 gennaio 1936 e laureato in giurisprudenza, era stato un pioniere della crescita e del successo della RAI, alla quale ha legato memorabili stagioni di indimenticabili trasmissioni di successo. Era arrivato nell’ammiraglia della comunicazione e dello spettacolo dopo aver vinto un concorso, nel 1960: e già questo era un indice del suo indiscusso talento, che poi si sarebbe affermato, mettendo la sua firma a una costellazione di duecento programmi molto popolari. Genere preferito: i varietà come «Quelli della domenica» (1968), «Canzonissima» nelle edizioni 1968 e ’69, «Fantastico» ’88, «Tante scuse», «Risatissima», e, con Maurizio Costanzo, «Memorie dal bianco e nero».
Con Enrico Montesano ha realizzato «Bravo», «Beati voi» e «Malgrado tutto beati voi». Nel 1972 curò con Umberto Simonetta i testi della miniserie televisiva «Il giro del mondo in 80 giorni», con i pupazzi animati di Giorgio Ferrari. Nel 1985 diresse e la rassegna «Addio Cabaret» al Teatro Flaiano di Roma. Ma è stato autore anche di fiction come «Un figlio a metà», «Italian Restaurant», «Mio figlio ha 70 anni». Con lo stesso Costanzo la sua ultima esperienza in televisione, con un titolo che a leggerlo oggi appare malinconicamente allusivo: «S’è fatta notte», durato dal 2012 al 2016.
Ha spesso firmato i suoi lavori in coppia con Italo Terzoli, con cui aveva costituito la ditta artistica «Terzoli&Vaime». Famose anche le sue commedie musicali: «Felicibumta», «Anche i bancari hanno un’anima», «La vita comincia ogni mattina» e tante altre. In radio Vaime ha collaborato a centinaia di programmi e per decenni ha condotto «Black Out», su Radio 2 il sabato e la domenica mattina. Numerosi i libri che recano la firma di Vaime, a dimostrazione di quanto fosse versatile, eclettico e pungente. I titoli sono peraltro già significativi di un taglio: «Tutti possono arricchire tranne i poveri», «Le braghe del padrone», «Perdere la testa», «Non contate su di me», «Quando la rucola non c’era», «I cretini non sono più quelli di una volta», «Gente per bene-Quasi un’autobiografia».


Enrico Vaime e Mascia Cantoni
Enrico Vaime e Mascia Cantoni
LA TESTIMONIANZA

Lo stile di Enrico in un ritratto per Mascia Cantoni apripista svizzera nella RAI

Enrico Vaime ha legato la sua firma a un nome storico della nostra TSI (dell’epoca) e della stessa RAI, Mascia Cantoni, la prima conduttrice svizzera che sfondò in Italia. E lo fece da sola: brava lei con i testi di Enrico, sempre molto intelligenti, una miscela – questo stile espressivo era nel suo DNA – di arguzia, sarcasmo e ironia. Giusto e puntuale quanto osservava l’autore radio-televisivo italiano – uno dei più brillanti nel panorama RAI – e cioè che entrambi si muovevano da solisti in quelle lontane stagioni. Una “prima” o, se si vuole, una “eccezione”, in tempi in cui dominante era sempre una figura di presentatore-conduttore-mattatore e la figura femminile una “gregaria”, preferibilmente bella come prima dote. Mascia rovesciò questa impostazione ed Enrico Vaime gliene diede atto con un “certificato di garanzia” di grande e riconosciuta autorevolezza. Ciò che scrisse per il libro “Mascia di Guerra/Cantoni senza frontiere” (Giuseppe Zois, Ritter Edizioni) è una motivazione di laurea. La riportiamo, perché dà anche la prova di quanto fosse bravo Enrico Vaime, con il suo stile sciolto, moderno e scintillante, decisamente in anticipo sui tempi.

Cara Mascia,
sono felice che qualcuno mi dia l’occasione di parlare di te. Sono effettivamente uno dei testimoni della tua crescita professionale. Forse (e me lo auguro) un complice. Il nostro è stato un incontro (1967?) che aveva il fascino dell’avventura: la prima prova per entrambi di una carriera da solisti.
Io firmavo il programma (“Chi ti ha dato la patente?”) da solo. Tu, prima donna della TV italiana, conducevi senza l’abbinamento col personaggio maschile, che all’epoca era obbligatorio. Non c’era stata ancora una “solista” alla guida di un programma televisivo.
Mi vedo costretto a parlare bene di te e vincere l’imbarazzo che si prova nel complimentarsi per qualcosa che riguarda un po’ anche noi stessi. Ma quella prova è stata obiettivamente importante nela storia (o nella cronaca) della televisione. Hai dimostrato un talento (il tuo), una possibilità innovativa.
Io ricordo la tua tranquillità, la tua sicurezza professionale in un contesto lavorativo come il nostro, che ha di solito come caratteristica la confusione. Non una coincidenza: tu eri preparata e recettiva.
In un mondo dove l’improvvisazione cialtronesca era così diffusa, portavi la calma della competenza, della preparazione. Ci siamo anche divertiti lavorando. Oggi sembra difficile se non impossibile. Ecco un’altra cosa da ricordare e rimpiangere (per quel che serve): la leggerezza nella professionalità, la serietà non “seriosa”.
Grazie, Mascia,
Enrico Vaime