Bernadette Soubirous, il mistero della Luce

Per tutti è Santa Bernadette, ma il suo nome di battesimo è Marie-Bernarde Soubirous. La ragazza che vide Maria, madre di Gesù e della Chiesa, alla Grotta di Massabielle, sulle rive del Gave, nacque il 7 gennaio del 1844. Ed è proprio ai piedi della Grotta che la Vergine lasciò un messaggio del tutto incomprensibile per Bernadette: l’Immacolata Concezione, che la Chiesa celebra all’8 dicembre. Fu proprio questo uno dei passaggi decisivi per credere alle apparizioni della Vergine, che si servì anche di Bernadette per la proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. Bernadette è stata proclamata Santa da Pio XI nel 1933.

Si dice Lourdes e mentre si presa Maria per tutto quello che significa ed evoca quel luogo, si pensa a Bernadette Soubirous, la ragazza, poi giovane e poi suora. Questa donna ha vissuto ed è la testimone delle apparizioni della Madonna alla Grotta di Massabielle, dove dal 1858 sono accorsi milioni di pellegrini da ogni parte del mondo. Soprattutto malati, che nella città mariana ai piedi dei Pirenei, cercano una grazia e chiedono la guarigione. A Lourdes, però, tutti coloro che ci vanno trovano la forza e la misericordia della Speranza. Non c’è persona che torni da un’esperienza a quella Grotta che è diventata una tra le più grandi e affollate basiliche della Terra. Lì scorre il Gave: un segno, un simbolo di limpidezza, di purezza e di purificazione. Lourdes, il luogo dove Bernadette è nata – in estrema povertà, ma con grande dignità Bernadette, poi proclamata Santa e invocata da chiunque si reca a Lourdes – è la sintesi delle tre virtù teologali: Fede, Speranza e Carità:

  • Bernadette insegna con la sua vita, la decisiva importanza di credere e di abbandonarsi al disegno di Dio e della Provvidenza;
  • è un crocevia del saper guardare in Alto, alle cose di Lassù, di affidarsi al Cielo, di attendere; non solo, ma la Speranza si ravviva nell’incontro quotidiano di popolo che si riunisce per pregare e vivere tutti i molti momenti di spiritualità che Lourdes dispensa nella memoria della piccola Santa ai piedi della Grotta;
  • e infine la Carità, che si manifesta nelle migliaia di volontari che ogni giorno accompagnano nell’itinerario della devozione a Maria le moltitudini di anziani e malati; essi sono l’interpretazione concreta della parabola del Buon Samaritano che Gesù ci ha lasciato e che è espressa proprio dai volontari.

Il 16 aprile, nel giorno della sua morte, la Chiesa ricorda e propone alla venerazione dei fedeli sparsi su tutto il pianeta, Santa Bernadette Soubirous.
Gianni Ballabio, con la sua maestria creativa, ha realizzato un’altra delle sue splendide “interviste impossibili”, che sicuramente sarà apprezzata e interiorizzata dai molti devoti a questa testimone di una straordinaria umiltà nell’accettare di vivere la sua vocazione monastica a Nevers.
G.Z.


Gianni Ballabio*

La povertà suscita la comprensione

Bernadette Soubirous in una fotografia del 1858
Bernadette Soubirous in una fotografia del 1858

Cosa puoi dirci, Bernadette Soubirous della tua famiglia?
I miei genitori, François e Louise, ebbero sette figli. Io ero la primogenita. Fui seguita da Marie, Jean-Marie, Justin, Bernard-Pierre e altri due morti in tenera età. Sono cresciuta in una famiglia povera, molto povera. Vivevamo nel cosiddetto cachot, di proprietà di un cugino di mio padre. Era una sola stanza, scura e malsana, chiamata con quello strano nome, perché prima era stata un carcere. L’asma che m’avrebbe accompagnata nel mio cammino terreno germogliò proprio in quell’ambiente. Vivere nella povertà può voler dire amarsi ancora di più, perché ci si aiuta, ci si comprende, si partecipa alla comune sofferenza, si collabora. A volte assicuravo il mio aiuto, sorvegliando al pascolo le greggi di altri.

Collaboravi anche andando a raccogliere legna da ardere.
Andavamo talora in un boschetto vicino alla grotta di Massabielle e alla sera quella legna dava un caldo buono alla nostra casa e al nostro cuore, mentre accanto alla mamma dicevamo le preghiere.

Avevi 14 anni quel giovedì 11 febbraio 1858 e mentre raccoglievi la legna….
Era una giornata come tante altre, segnata dal freddo di quel febbraio. Ero con una mia sorella e un’amica. So a cosa ti riferisci e forse la risposta più vera dovrebbe essere il silenzio.

Cosa ricordi di quell’evento prodigioso?
Certi eventi e certe esperienze le vivi soprattutto con il cuore, anche quella bianca Signora l’ho vista più con il cuore che con gli occhi. Sentivo la sua presenza mentre un mistero avvolgeva la mia persona e la mia vita. Era un mistero di luce, un mistero di amore. Anni dopo, rivivendo quell’ esperienza, ricordavo che pure quella Signora era stata visitata da un angelo, pensavo alle visioni di Giuseppe che gli indicavano la strada da seguire. Sono esperienze sublimi e forti che vanno al di là delle nostre parole. Capivo nel mio cuore di fanciulla povera e analfabeta, che Maria, la Madre di Dio e di noi tutti, mi affidava una missione.

Quale missione?
Parlare di lei, testimoniarla, farla conoscere. Siamo sue figlie e suoi figli, a lei affidati da Gesù. L’aveva donata a noi tutti come madre nell’ultimo tratto del suo cammino terreno, mentre su quella croce, innalzata tra il cielo e la terra, si compiva un mistero di amore, di vita, di redenzione.

Bernadette alla grotta di Massabielle in una foto del 1863.

“Rispondevo con le parole del cuore”

Però hai dovuto vivere anche momenti difficili, dolorosi quando venivi interrogata, non eri creduta, ti sentivi incompresa, forse sola e abbandonata.
Ho sofferto è vero, ma non mi sono mai sentita sola, perché nel mio cuore quella Signora era presenza sublime, forte, dolce, materna. Non dovevo affatto gloriarmi di quello che avevo vissuto, sarebbe stato addirittura un tradimento, ma dovevo far conoscere la sua presenza in mezzo a noi, sulla nostra strada. Rispondevo alle domande riportando fedelmente le parole che il mio cuore aveva udito da lei, senza aggiungere nulla di mio. Era questa la mia missione e l’accoglievo come Maria aveva accolto il saluto dell’angelo, con quella sua risposta sicura e limpida: sono la serva del Signore. Mentre nella casa di Nazareth si affidava come umile ancella al Padre, non conosceva ancora la povertà di Betlemme, l’ansia della fuga in Egitto, l’angoscia per aver smarrito il figlio, il dolore del Calvario. Beata perché hai creduto, l’ha salutata Elisabetta. E’ il più vero e autentico saluto che possiamo rivolgerle.

L’ultimo tratto del tuo cammino terreno l’hai vissuto come religiosa consacrata nel convento delle Suore della Carità di Nevers, dove eri impegnata come assistente nell’infermeria, come sacrestana, come custode dei sacri paramenti che rammendavi. Non ritenevi che quella comunità religiosa avrebbe dovuto riservarti una particolare attenzione, poiché la Madre di Dio ti aveva parlato?
Se avessi anche solo pensato di meritare un trattamento particolare, avrei tradito quella stessa esperienza che aveva avvolto il mio cuore in un sublime mistero di luce e di amore. Il mio cammino nel tempo non è stato facile, per qualche incomprensione e per la mia precaria salute, ma nel mio cuore risplendeva sempre la sua luce che illuminava il mio silenzio.

Pellegrinaggio a Lourdes 2008

Lourdes, icona di un cammino

Intanto Lourdes diventava un luogo di pellegrinaggi, di preghiera, di grazia, anche di prodigi. Ma tu non vedevi nulla di tutto questo. Stavi lontana. Perché?
La Madre di Dio aveva scelto quel luogo, come anche altri nel mondo, perché la gente vi andasse e si sentisse soprattutto toccata nel cuore. Andare a Maria significa chiederle di accompagnarci in quel cammino di conversione che deve attraversare l’intera nostra esistenza. Ognuno di noi, come il popolo eletto, ha il suo deserto da attraversare per giungere alla Terra Promessa.

Ma cos’è questa Terra Promessa?
È la povertà del nostro cuore che può riporre tutta la sua fiducia nel Padre e nel suo progetto di amore per il quale ci ha chiamati alla vita. È vivere finalmente in pienezza le beatitudini proclamate alle genti dal Figlio di Dio. Beatitudine significa essere poveri e puri nel cuore, miti, seminatori di pace.

Magari anche perseguitati.
Chi semina e vive con coraggio il lieto e grandioso messaggio del Vangelo, può non essere capito, talora anche perseguitato e fatto tacere. Ma la luce divina illumina ogni buio, basta saperla accogliere nel cuore.

Il mercoledì 16 aprile 1879 terminavi il tuo cammino terreno, avevi 35 anni…
Maria mi accompagnò sempre, come tenera e sublime Madre, lungo la mia strada terrena. L’ho sempre sentita vicina e accanto al mio cuore, anche in quell’istante in cui mi aprivo per sempre all’eternità della luce e dell’amore.

*Nato come comunicatore, vocazione che ha coltivato e sviluppato in continuazione, Gianni Ballabio non si è mai fermato nelle posizioni – pure ragguardevoli – che ha raggiunto. Dapprima è stato docente di scuola media, poi è diventato direttore della scuola media di Balerna e, in parallelo si è pure impegnato in politica, al servizio della sua comunità, a Morbio Inferiore, e per la Diocesi di Lugano. Ha comunicato con molti linguaggi, considerando di volta in volta i diversi destinatari: gli allievi, i lettori di giornali e riviste con i quali ha collaborato e continua a farlo, fino al teatro, autore di molti testi messi in scena. Possiede un linguaggio che raggiunge il lettore e lo spettatore, con perfetto mix di intelligenza e sensibilità.