Dalla nascita all’adolescenza, come aiutare il padre d’oggi a essere felice

Abbiamo appena celebrato la “festa del papà”: siamo in un tempo che corre veloce e impone adeguamenti continui all’identità del genitore. Oggi il ruolo di padre dev’essere condiviso alla pari con la mamma. In genere si consolida un rapporto più maturo e responsabile all’interno della coppia verso i figli nel percorso della crescita.

Intervista di Giuseppe Zois

Essere padre in una società che cambia velocemente e si fa certamente più interessante ma anche più complessa.
Essere padre all’interno di una famiglia il più delle volte con un figlio unico, a pari titolo di dignità e di responsabilità con la mamma.
Essere padre dovendo fare molte rinunce alle quali non si era abituati. Il cliché infatti era dell’uomo che lavora e provvede alle necessità finanziarie della famiglia e della donna alla quale tocca indossare gonna e pantaloni nell’educazione dei bambini.
Essere padre in un tempo in cui l’autorità è in progressivo tramonto da mezzo secolo in qua: una pietra miliare – o se si preferisce un duro colpo – è costituito dalla contestazione del 1968 con tutto quello che è seguito. Insomma essere padri che si ritrovano orfani quasi di modelli ai quali ispirarsi e con un ruolo da inventare e adattare in corsa. Prima c’era un architrave costituita da famiglia-scuola-comunità-chiesa, generalmente convergenti sui valori da consolidare; adesso ci sono i social e ci si ritrova come a vagolare dentro una fitta nebbia, anche perché la certezza principale è rappresentata dal dubbio.
Abbiamo appena festeggiato i papà, con le solite sottolineature, che vogliono essere e sono segni di affetto e gratitudine: che sono certamente necessarie e sono un modo di esprimere i sentimenti e il legame che ci unisce ai papà. Ma la “festa del papà” è un’occasione preziosa per interrogarsi sul ruolo di una presenza, sui cambiamenti intervenuti nell’esercizio di una presenza e sul “come” di un ruolo all’interno della famiglia e, più in generale, della società.
Quale può essere l’identità del nuovo padre in un cammino da esplorare quasi a vista, passo dopo passo? Un bel cesto di risposte l’ha preparato Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dello sviluppo all’Università “La Sapienza” di Roma, psicoterapeuta e scrittrice, che arriva nelle librerie con “Devenir père… pour la vie”, con un eloquente sottotitolo: “Comprendre le développement psyhologique de son enfant, de sa naissance à l’adolescence, et l’aider à être heureux” per l’editrice francese Eyrolles, Parigi). Su questa tematica l’autrice ha scritto anche “Padri alla riscossa” (ed. Giunti).
Anna Oliverio Ferraris è una che scrive chiaro, è dotata di una spiccata sensibilità unita ad una grande esperienza sia come docente universitaria che come psicologa. Ha il merito non indifferente di saper vedere lontano nell’evoluzione in atto e di aver proposto in anticipo approcci a fenomeni e problemi di costume, pensiamo soltanto al cyberbullismo. In questo nuovo manuale per i padri del 2021 c’è una sottolineatura significativa: vuole aiutarli a “essere felici”, traguardo che si pone ciascun uomo nel momento in cui decide di trasmettere il soffio della vita e far sbocciare una creatura. Le abbiamo posto alcune domande sui tratti salienti delle nuove paternità.

Anna Oliverio Ferraris
Anna Oliverio Ferraris

Territorio prima riservato quasi sempre alla mamma

Anna Oliverio Ferraris, cosa implica essere padre oggi, quali le prime tre responsabilità che lei individua per questo ruolo?
Oggi vediamo che i neo-padri si responsabilizzano molto di più rispetto alle generazioni precedenti, anche le più prossime. Le situazioni sono parecchio cambiate all’interno della famiglia, nei rapporti con la moglie che spesso lavora ed è assente. È cresciuta l’interscambiabilità. Un padre oggi comincia ad esserlo fin dai primissimi giorni di vita del figlio e in molti Paesi europei sono concessi congedi parentali molto lunghi: in Norvegia si arriva fino a 105 giorni, in Svizzera sono state votate due settimane il 27 settembre dell’anno scorso, in Italia si arriva a quota 7. Questi nuovi padri sono molto motivati nell’accompagnare la crescita dei figli in una società complessa come la nostra. Non più solo stipendio, ma vicinanza psicologica, una più attenta conoscenza reciproca. Conosco alcuni giovani che sono diventati padri durante questi mesi del lockdown: in parte rammaricati per non aver potuto assistere al parto, ma contenti di essere a casa e di come potevano relazionare con il neonato, seguendo poi l’evoluzione, mese dopo mese, con i relativi cambiamenti. Non si è trattato solo di un aiuto materiale, ma ci si è potuti inoltrare in un mondo che di solito era appannaggio delle mamme. Tutto un mondo insospettato, da scoprire. E comunque, in sintesi, le tre principali responsabilità sono:

  1. il mantenimento. Se lavora anche la madre, si occuperà a sua volta di questo aspetto; questo però era sempre un compito soprattutto degli uomini.
  2. Seguire molto più da vicino che in passato il figlio nella crescita.
  3. Cercare di coordinarsi con la moglie-mamma. Un tempo c’era una divisione dei ruoli molto netta, ora è necessario imparare insieme a fare i genitori.

In uno scatto il suo ritratto del padre d’oggi…
In genere è un uomo giovane, in grado di sostituire la madre in molti compiti anche se poi quando la madre è presente, si ritaglia alcune mansioni, come accompagnare il bambino dal pediatra per una visita, portarlo al parco per una passeggiata, giocarci insieme. Va notato che oggi molte maternità arrivano tardi e aumenta il numero delle famiglie con il figlio unico, anche perché l’orologio biologico non lo comandiamo noi. A maggior ragione è utile documentarsi con libri, aggiornarsi per non diventare troppo apprensivi. I genitori più anziani hanno più paure, restano un po’ meno sciolti nei rapporti con il bambino. Ancor di più serve avere delle linee-guida.

Nell’immagine: la copertina del nuovo libro – in francese – di Anna Oliverio Ferraris: “Devenir père… pour la vie” (Diventare padri… per la vita), Éditions Eyrolles di Parigi.

Non stancarsi di imparare a condividere

Qual è la difficoltà maggiore in assoluto che incontrano i padri d’oggi nel loro ruolo e nell’educazione dei figli
Se il padre lavora fuori casa, può seguire i figli meno della madre. Il punto più critico che vedo è quello di riuscire a coordinarsi al meglio con l’altro genitore. Quando i ruoli sono complementari e definiti, diventa quasi più facile; quando sono paritari ed entrambi possono svolgere gli stessi ruoli, allora occorre essere persone mature e saper comunicare. Le cose vanno abbastanza tranquillamente nell’infanzia e nella fanciullezza; i problemi maggiori emergono nella pubertà e nell’adolescenza, quando i ragazzi cercano di essere più indipendenti. Occorre aver coltivato un buon rapporto con i figli nelle stagioni che precedono. Avvertenza non trascurabile: evitare di criticarsi a vicenda in presenza dei figli.

Nella sua mappa dei comportamenti mette frecce segnaletiche fino alla gioventù…
Il libro non riguarda solo le prime fasi dello sviluppo dei figli, ma accompagna il padre fino alla maggior età dei figli. È anche un modo per scoprire un mondo nuovo e diverso, che cambia rapidamente. Seguendo il figlio, il genitore si aggiorna anche su molte trasformazioni che non riguardano soltanto la famiglia, ma l’intera società. L’impegno esige un apporto di tempo, con rinuncia anche ai propri hobby, a una propria autonomia. Bisogna non stancarsi di imparare a condividere. Conosco storie di genitori riottosi poco inclini a sacrificare il loro tempo.


Genitori e figli

Agire da genitori responsabili e coerenti nel tempo presente – della modernità e dei social – si traduce in un «mettere al mondo» creature e  «prendersi cura» di loro, affinché possano crescere, formarsi, maturare per poi lasciarle libere di andare, di vivere la loro libertà. I figli sono come le frecce vive di Gibran, “lanciati in avanti” con l’arco, che è la piattaforma dei genitori, i loro percorsi. Una volta raggiunta la sufficiente autonomia devono crearsi il loro essere e fare, liberi di prendere le strade che vogliono, di aprirsi nuovi itinerari. Significa proporre la propria esperienza e la saggezza che ne deriva, ma applicando il rispetto al quale hanno diritto fin dalla nascita e per sempre. Facendo tesoro di ciò che la vita insegna, pur nella fatica del distacco. Sempre con amore. Aiutando chi vuole essere aiutato, accompagnando con discrezione e tatto.
G.Z.

I vostri figli non sono figli vostri…
sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l’arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L’Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell’infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell’Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l’arco che rimane saldo.
Kahlil Gibran