La Divina Commedia, con i suoi oltre settecento anni di vita, ci appare di una sorprendente attualità, quasi tagliata perfettamente sulla nostra difficile quotidianità. Inferno Purgatorio e Paradiso sono momenti di un viaggio in cui si passa dal dolore più profondo alla gioia più pura, dalla perdizione al riscatto.
Marianna Colavolpe
“Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura…” Ma da quella selva Dante uscì per “tornare a riveder le stelle”.
Sono tantissime le cose pregevoli meditate e scritte da Dante, ma sul trono c’è l’opera poetica per eccellenza: La Divina Commedia, versi immortali, passati di bocca in bocca e giunti fino a noi dal tempo lontano del medioevo. E pur senza addentrarsi nei sentieri del racconto con tutti i suoi risvolti teologici, linguistici, storici, vi si può cogliere il messaggio offerto a tutti, bello e benefico per la mente di ognuno, soprattutto in un tempo faticoso e pesante come quello che stiamo vivendo, in cui è importante tenere acceso il lume della fiducia. In Dante, nella sua “Commedia”, c’è tutto quanto di infimo e di altissimo l’uomo è, e può fare; c’è la caduta e la redenzione dell’uomo. Leggere, pensare e parlare di Dante è un piacere che ci dobbiamo concedere, ma anche un’opportunità imperdibile, perché ci aiuta a comprendere meglio chi siamo stati, chi siamo e chi possiamo diventare.
Allora mi avvicino, in punta di piedi, a un tale gigante della poesia universale e non per celebrare il poeta a cui il tempo ha già decretato gloria perenne, ma piuttosto per riflettere sulla grandezza del suo poema nel quale si può scorgere, come metafora, la nostra condizione attuale.
Il luogo chiuso alla speranza
L’Inferno è il luogo in cui Dante sperimenta lo sbigottimento e l’oppressione dolorosa in cui ci si può trovare nel corso della propria vita e, mentre leggiamo, anche noi ci sentiamo persi in una selva, in cui l’angoscia è divenuta compagna delle nostre giornate e, infernale, a volte, è la visione di ciò che ci circonda. Si ascoltano parole cupe, si respira un’aria greve. Solo che qui non ci sono colpe da scontare e peccati da farsi perdonare…o forse sì.
L’Inferno dantesco è un affresco dell’animo umano nei suoi aspetti più scuri e fragili, ma con improvvise coloriture di acuta umanità. Attraverso ogni personaggio emerge il carattere della punizione infernale, ovvero lasciare che ognuno perpetri in eterno il proprio peccato, con tutto il suo carico di male e di dolore. È il filo rosso di fuoco, che lega il peccatore al proprio peccato e lo condanna a restarvi avvinghiato in eterno, senza speranza di potersene mai liberare, in uno strano e quasi allucinante rapporto di amore e odio con quel male. E sembra così concretizzarsi quel “lasciate ogni speranza o voi che entrate…”. Lo sguardo di Dante, entrato in quella “selva oscura”, è a tratti duro, ma anche compassionevole e quasi benevolo, di fronte alle miserie umane che si svolgono sotto i suoi occhi e, via via, considera il modo in cui anche da sentimenti in se stessi belli e puri, come l’amore, possa scaturire qualcosa di crudele. Nel secondo cerchio infernale Dante incontra Francesca da Rimini, una delle figure più emblematiche tra gli spiriti che hanno peccato per passione amorosa. Ha amato, tradendo le proprie promesse da sposa, ha subito la morte per questo amore segnato dalla colpa. Così Dante, uomo del Medioevo, deve porla nell’Inferno come grande peccatrice, ma al tempo stesso usa con lei parole di profonda comprensione e dolcezza: “Francesca, i tuoi martiri a lagrimar mi fanno tristo e pio”. E dopo aver ascoltato il racconto della passione travolgente e proibita, tra lei e il cognato Paolo, causa della loro morte violenta per mano del marito tradito Giangiotto Malatesta, si rivolge al suo mentore Virgilio così: “…Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio, menò costoro al doloroso passo!
“Fatti non foste a viver come bruti”
Ma c’è anche chi è nell’Inferno perché ha osato troppo; indimenticabile l’incontro di Dante con Ulisse. Entrambi sono viandanti in cammino, uno in cerca della speranza, l’altro in cerca del sapere.
A Ulisse Dante attribuisce parole ardenti: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza…”. Chi mai, nel Medioevo, avrebbe avuto il coraggio di pronunciare tali parole? Dante lo fece, e sebbene uomo rispettoso nella fede, rivendicò l’alto diritto di conoscere, dato da Dio stesso all’umanità; il diritto di usare la propria ragione per aprire i varchi della mente e avventurarsi nel mare immenso del sapere verso un nuovo orizzonte, oltrepassando così quelle colonne d’Ercole, metaforico limite per l’uomo medievale. Ulisse rappresenta l’uomo che afferma questo diritto, e Dante ha la forza di dichiararlo, guardando oltre e vedendo, proprio come un vate, quale sarà il destino dell’uomo. Ecco la grandezza di un poeta che attraversa e descrive il suo tempo con maestria, senza risparmiare critiche e giudizi pregni di coscienza civile e morale; ma al tempo stesso sa compenetrarsi nel mondo dei sentimenti umani, offrire parole di conforto e comprensione a chi ha smarrito, la “retta via” e trarre da ogni incontro profondi motivi di riflessione per una vita più virtuosa. Il lungo viaggio nell’Inferno e nella disperazione, benché apparisse interminabile, si conclude, e Dante ne esce grazie alla guida di Virgilio, maestro di razionalità ed equilibrio.
Beatrice e Virgilio come guide
Comincia dunque il cammino che purifica mente e cuore, riaprendoli alla speranza di una redenzione che prima o poi arriverà. C’è, sì, da scalare la grande Montagna del Purgatorio, per arrivare a vedere il chiarore del Paradiso Terrestre, ma questa scalata sarà lieve, sapendo che alla vetta si troverà la libertà dalla sofferenza e la luce della verità. E poi all’uomo e poeta si apre la via del Paradiso, luogo di beatitudine dove la Fede si fa persona nella figura di Beatrice e lo conduce alla visione più alta, Dio, “Colui che muove il sole e l’altre stelle..” È così che Dante compie il suo cammino verso la salvezza.
Ma nessuno si salva da solo, e il poeta avrà accanto a sé due guide granitiche, che lo incoraggeranno e lo guideranno con amore e amicizia, Beatrice e Virgilio, Fede e Ragione.