Farsi influenzare nei gusti e nei comportamenti. Ma che piacere c’è?

Buongusto, stile, classe, originalità, personalità, capricci, manie: dieci, cento, mille modi di essere, di apparire, di cercare visibilità perché questo sembra contare soprattutto nel nostro tempo. E ci sono i persuasori, occulti o dichiarati, quelli che promettono successo, fama, fortuna. Un po’ come il Gatto, la Volpe e il campo dei miracoli nella favola sempre attuale di Pinocchio.

Gabriella Pezzoni Borgnis*

“Influencer” e “followers” sono parole ormai entrate anche nel nostro linguaggio e corrono anche nella nostra quotidianità. Oggi sono in molti a sentirsi “influencer”: ma di chi? E su che cosa? Ci sarebbe da chiedersi, paradossalmente, se questi “orientatori di tendenze” riescano nella vita a influenzare se stessi. Il giornalista Bruno Costantini, nella sua frizzante rubrica del sabato sul “Corriere del Ticino” – “Pensieri dal battellino” – ha inserito come immaginaria interlocutrice sapida e colorita la microinfluencer del lago “Asia”. Sta anche a significare fra l’altro che in molti hanno scelto – o comunque considerano – questa ipotesi come loro nuova strada professionale. Qualcuno ha fatto anche una fortuna colossale.

Un rischio e un pericolo

Per molti giovani questa opzione può diventare una illusione fuorviante. Essere “influencer” non è certo faticoso come lavorare la terra, lavorando da stelle a stelle come facevano i nostri nonni, specialmente nei paesi delle valli. Basterebbe leggere i libri di Plinio Martini – da “Il fondo del sacco” a “Nessuno ha pregato per noi” – per avere un riscontro concreto su cosa significava fare i contadini, soprattutto in montagna. Altro, diverso conto, è tentare e riuscite a raggiungere e far presa su quante più persone possibili, soprattutto le nuove generazioni, per guidarne le scelte. In quest’area sconfinata degli orientatori (interessati) ci sono anche parecchi “influencer del marketing”, abilissimi nel proporre la loro mercanzia. Per gli acquisti, trattano preferibilmente con le donne, le mogli e mamme, anche al telefono (se incappano in voci maschili, chiudono subito la comunicazione). Una volta molti venditore passavano di porta in porta, da quelli che vendevano abiti a quelli che in inverno passavano a proporre le loro sementi, c’era l’ombrellaio, lo stagnino… Un mondo di figure scomparse, travolte dalla modernità. La quantità è diventata la nuova unità di misura che sorpassa di gran lunga la qualità.
Personalmente li accosto – come immagine – ai funghi. Ci sono quelli commestibili e quelli no. Occorre essere molto abili e attenti nel saperli distinguere. Taluni sono associati purtroppo a realtà negative arrivate da tempo anche alle nostre latitudini, pensiamo a droghe, pasticche e bollicine.

Gianluca Vacchi - Influencer
L'”influencer” Gianluca Vacchi

Gatti e Volpi del giorno d’oggi

Gatti e Volpi si aggirano anche al giorno d’oggi e forse sono anche più smaliziati che nella favola collodiana di Pinocchio. Si aggirano nei “festini”, in cerca di belle ragazze che spesso abboccano pur di farsi conoscere, di avere visibilità e popolarità, costi quel che costi. Ne troviamo nel mondo della moda, convincenti nell’indirizzare i gusti, a prescindere spesso dal… buon gusto: a contare è il trend, è vestire in un certo modo, con il risultato che vediamo un dilagante conformismo su scala globale. Oggi si veste allo stesso modo in tutti i continenti, ci si comporta allo stesso modo ovunque. Ed allora ecco che i “followers” assecondano acriticamente i consigli che vengono divulgati non senza una sottesa finalità, che è poi quella del lucro. Noi, classe anagrafica medio-alta, vedendo certe fogge a volte – dentro di noi – riflettiamo e concludiamo: ma possibile che non si vedano allo specchio? Che non ci sia qualcuno in famiglia che faccia osservazioni? Si badi bene che è anche facile, ma scorretto, colpevolizzare i comportamenti di giovani che sono coartati di qua o di là, in una “cultura” che è ossessionata dall’apparire e la fa da padrona, incurante del ridicolo in cui si sprofonda.
Questa è capitata a me, pochi giorni fa a Locarno. Sono ferma con l’auto a un semaforo e osservo le persone che camminano sul marciapiede. Una bella ragazza avanza lentamente, tutta presa dal suo cellulare, incurante di chi le passa vicino. Indossa un paio di jeans sgualciti e compiutamente decorati da buchi. Dico fra me: vittima lei pure della moda generale. Peccato. Immagino di vestirla in altro modo, come piacerebbe a me. Mi rendo conto che il mondo è cambiato e continua a cambiare più in fretta della nostra capacità di tenere il passo. Quel che è certo è che non si torna più indietro. Stiamo oltrepassando un ponte con il solo biglietto di andata.

*Maestra per una vita, vive a Giumaglio. Dal 1973 e fino al 2013, per qualcosa come 40 anni, ha insegnato alle elementari di Minusio. Il suo motto: “L’intelligenza passa attraverso l’umiltà”. Nell’anno scolastico 1998-99 ha curato con la sua classe una interessante ricerca sui “ricordi di scuola”, pubblicata sul “Giornale del Popolo”. È attenta al magistero della piccola quotidianità in cui viviamo: ogni giorno possiamo imparare qualcosa per camminare la vita.

Gabriella Pezzoni Borgnis