Guarda, guarda che sorpresa. Chi l’avrebbe mai detto, previsto, immaginato, supposto, ipotizzato? La grande notizia, come il classico fulmine a ciel sereno, è che Pfizer e Moderna stanno volando con le loro quotazioni in Borsa. E intanto il numero dei contagiati sul pianeta avrebbe raggiunto i 140 milioni, calcolati verosimilmente in difetto, quando si pensi alla popolazione della Terra: 7 miliardi e 674 milioni di abitanti.
Enzo Dossico
In matematica, quando si era confrontati sui sudati teoremi, si finiva – quando si riusciva nell’intento – con il classico “cvd”, che sta per “Come volevasi dimostrare”. In più di un’intervista, Fabio Truc, fisico teorico, docente universitario e ricercatore a Parigi, dove studia come una cellula possa sviluppare il cancro, mi prospettò lo scenario che poi s’è sviluppato: cioè il decollo in verticale di chi fosse arrivato primo o comunque nelle posizioni di testa con il vaccino anti-covid. Il termine appropriato subito usato fu quello di “big pharma”.
Ci disse esattamente il 12 ottobre 2020 : “I vaccini stanno diventando sempre di più una questione di “big-pharma”, quindi un problema squisitamente e forse eminentemente finanziario. Possiamo immaginare che chi riuscirà a produrre un vaccino efficace accumulerà guadagni stellari. Stiamo vedendo fatti molto inquietanti. In riviste come “Lancet” o “New England Journal Medicine” e altre vengono pubblicati articoli sulla corsa ai vaccini: dove non vengono correttamente illustrati i punti scientificamente nodali di tali studi. Quando agli autori di questi articoli sono richiesti particolari più dettagliati su come sono stati realizzati i vaccini e con che modalità vengono sperimentati sull’uomo, le risposte sono spesso evasive. Una casa farmaceutica ha addirittura bloccato la sperimentazione a fronte di un gravissimo effetto collaterale prodotto su un paziente, in seguito l’allarme è rientrato e la sperimentazione ha potuto riprendere il suo corso. Per usare eufemismi, la situazione si presenta molto confusa e fluida tra gli scienziati in corsa per arrivare prima possibile al traguardo più atteso su scala globale”.
Notizia di questi giorni: Moderna e Pfizer volano in capitalizzazione. Entrambe hanno visto un picco in positivo per i titoli, col blocco del vaccino di Johnson & Johnson negli Usa, mentre l’Europa sta valutandone gli effetti collaterali prima di decidere.
Poi si aggiungeva che si è in presenza di quotazioni e capitalizzazione in rialzo per tutte le aziende, anche se meno per Johnson & Johnson. Va meno bene – e questo è comprensibile, visto il flusso di notizie che la riguardano e i blocchi decretati da qualche Stato (ad esempio la Danimarca) – per AstraZeneca, che ha comunque rinunciato ai profitti sui vaccini. Non si è mancato di far rilevare nelle informazioni finanziarie che “i grandi guadagni delle campagne vaccinali non possono incidere più di tanto sui bilanci essendo da suddividere tra molti soggetti e contando la concorrenza”.

Le quotazioni in Borsa di Pfizer e Moderna
Andando nel dettaglio, Pfizer, dopo i conti brillanti del primo trimestre, nell’ultima seduta della scorsa settimana a Wall Street ha guadagnato il 2,5%, a 38,5 dollari, ben sopra i 33,4 dollari di fine febbraio, ma sotto i 42,56 dollari dell’8 dicembre 2020 e i 43,8 del 30 novembre 2018, il massimo degli ultimi cinque anni. La capitalizzazione è a 215,149 miliardi di dollari (circa 178,5 miliardi di euro), in forte rialzo rispetto ai 186,7 miliardi di dollari di fine febbraio. Meglio ancora ha fatto l’alleata Biontech (+7,6%) a 151,5 dollari, toccando il massimo degli ultimi cinque anni, e con una capitalizzazione di 36,6 miliardi (oltre 30 miliardi di euro), anche questa un picco.
“Moderna” dal canto suo e sempre nella scorsa settimana ha toccato il +6,8% a 170,8 dollari, nettamente sopra i 154,8 dollari di fine febbraio, ma ancora sotto i 185,98 d’inizio febbraio. La capitalizzazione è in decisa crescita, a 68,413 miliardi (circa 56,7 miliardi di euro), rispetto ai 61,8 miliardi di dollari di fine febbraio e ai 41,3 miliardi del finire del 2020.
Johnson &Johnson, quotata anche a Londra, ha contenuto invece i guadagni all’1,1% a 162,2 dollari, al di sotto del picco di 179,4 dollari per azione dello scorso 26 gennaio, il massimo degli ultimi cinque anni, ma superiore ai 158,4 dollari di fine febbraio.
AstraZeneca, vaccino frutto di una co-produzione svedese-inglese, ha chiuso la settimana in lieve calo (-0,27%) a 7.380 sterline e comunque sopra le 6.954 di fine febbraio.
Le cifre continuamente aggiornate all’insù per il numero di decessi dicono che nel mondo si sono superati i tre milioni. Il numero dei contagi è stato calcolato in 140 milioni. Si considerino soltanto alcune cifre: la Cina, il quasi-continente da cui s’è propagato il coronavirus ha 1 miliardo e 398 milioni di abitanti (statistiche 2019); l’India conta 1 miliardo e 366 milioni di abitanti (sempre secondo le statistiche 2019). Forse il numero dei contagiati – come si ipotizza in svariati ambienti – viene fatto molto in difetto rispetto alla reale vastità della pandemia che da un anno e mezzo domina la scena del mondo, anzi la terrorizza e la condiziona.

Il pallone spinge alla graduale ripartenza?
In Europa, ma anche negli Stati Uniti, grazie a vaccinazioni di massa – sia pure con pesanti ritardi accumulati, soprattutto nel Vecchio Continente – si è dato avvio a una ripartenza e si mette in calendario un quasi-ritorno alla normalità entro giugno. C’è già chi ha messo in relazione questa proiezione con un evento annunciato: i campionati europei di calcio in programma dall’11 giugno all’11 luglio. È un’ipotesi che non va esclusa, considerando quanto pesi la voce calcio e tutto il business del suo indotto. Si comincia a dibattere su questo tema in alcuni dibattiti televisivi. Quanto c’è – o può esserci – di vero in questo scenario? Se la voce fosse da accreditare, occorre farsi interrogativi su quale sia la scala dei valori e delle priorità nel nostro tempo. Sulla bilancia, il pallone pesa più della scuola, del futuro, della libertà individuale, della normale concezione di normalità? Ma dove stiamo andando, di questo passo?
Giustamente il giornalista scientifico Piero Angela aveva commentato alla ripresa del nuovo anno scolastico 2020-21 che “un paese che freme per la ripresa del calcio e non per la scuola, non ha futuro”. È una riflessione che vale non solo per un Paese, ma in generale, per tutti e dovunque. Molti furono i consensi – ispirati al buon senso e alla ragione – per quanto affermato da Angela: l’insegnamento dal vivo, nonostante le molteplici difficoltà, ha il diritto di precedenza. La didattica a distanza è una scelta di emergenza, ma non può essere adottata come rimedio facile e correttivo di ritardi e inefficienze della politica in prima istanza. Ci sono criteri di priorità che non possono essere barattati. La vita è concretezza e ci sono professioni che non possono essere apprese via internet dal PC con tutte le lacune che ci sono state e che ancore esistono e creano non pochi disagi, sia di apprendimento che di convivenza all’interno di una famiglia.

La curva della diffusione dal Brasile all’India
Questo l’andamento della curva dei contagi da covid-19:
- su scala globale, numero dei nuovi contagi settimanali quasi raddoppiati negli ultimi due mesi. Secondo l’OMS ci si sta avvicinando al più alto tasso di infezione visto finora durante la pandemia;
- tende a salire il numero dei decessi con una media di oltre 12.000 al giorno la scorsa settimana, molto prossimo ai 14.500 registrati alla fine di gennaio;
- Stati Uniti e Brasile sono i più funestati. Il Brasile è ormai a quota 370 mila morti di covid. Dopo gli Stati Uniti, il Paese più falcidiato dai decessi è il Brasile, arrivato quasi a quota 370 mila. Nel subcontinente sudamericano si lavora giorno e notte dentro i cimiteri per seppellire e defunti;
- La media dei contagi in India è di oltre 200 mila contagi al giorno.