“Io non credo che si debba rinunciare ai sogni. Ma proprio perché i sogni sono un materiale prezioso, non bisogna tentare di spenderli come “tagliandi” per l’acquisto del primo impiego. La realizzazione di un sogno richiede un grado alto di controllo delle varie parti con cui un sogno si costruisce”.
(Furio Colombo, da “Come trovare un lavoro”, Rizzoli)
Enrico Moretto*
Qualche anno un articolo scientifico si dedicò a prevedere quali lavori sarebbero sopravvissuti, e quali invece avrebbero dovuto cedere il passo, a causa della rivoluzione digitale dell’inizio del XXI secolo.
Destinati a soccombere erano i lavori di natura ripetitiva e con scarso apporto personale; i più semplici da rimpiazzare con qualche dispositivo. Nel giro di un anno il mondo ha cambiato, e in peggio, totalmente faccia: pare quasi che l’unico lavoro del quale ci sia ora bisogno è la consegna a domicilio che non richiede alcuna qualifica specifica se non quella di rispettare le tabelle di marcia.
Si è per davvero verificato l’evento improbabile ma non impossibile, la nascita di un “cigno nero”, che dà il titolo ad uno dei libri di Nassim Taleb, scrittore, con un passato da trader finanziario.

Il termine della crisi pandemica ci obbligherà a fare i conti con un mondo diverso da quello con il quali avevamo, bene o male, convissuto. Il lavoro? Il più possibile da casa: come ha scritto l’economista Berenice Hudson, “la produttività a casa potrebbe essere persino maggiore di quella abituale sul posto di lavoro.” Basta spostamenti domicilio-ufficio, basta uso di mezzi pubblici o propri, basta arrabbiature se si resta imbottigliati nel traffico, se il treno è in ritardo o se l’autobus non passa. Tutto tempo risparmiato!
Le aziende hanno già annusato l’affare: i costi si riducono e l’efficienza del lavoro aumenta se il maggior numero possibile dei dipendenti opera da casa. Lo chiamano smart working, lavoro intelligente, quasi come se quello al quale si è stati obbligati per decenni fosse stato “tontolone”…
Oltre a ciò, se tutto il lavoro svolto passa da un computer e da una connessione internet, un algoritmo lo saprà di certo valutare alla perfezione.
Miraggio del lavoro a distanza e deserto nelle città

Non serve un genio per capire come, anche qui, non sia davvero tutto oro quello che luccica. Senza voler arrivare alle consuetudini lavorative del Giappone, il rischio di non riuscire mai a “staccare la spina” è consistente. Le normative già parlano di diritto alla disconnessione: a partire da una certa ora del tardo pomeriggio e nei fine settimana non ci si deve sentire obbligati a rispondere a email di lavoro o a partecipare a riunioni on-line.
Ma le note dolenti non terminano qui: cosa ne sarà dei bar, dei ristoranti e di molte delle attività commerciali che, fino all’inizio del 2020, popolavano e coloravano le nostre città? Se nessuno andrà più a bere un caffè o a mangiare un panino in pausa pranzo, saranno troppe le serrande per sempre abbassate.

Il restare a casa non ci renderà, purtroppo, solo più pigri. Il cosiddetto “lavoro intelligente”, oltre a fare un deserto dei pochi luoghi dove era ancora possibile e piacevole scambiare quattro chiacchiere faccia a faccia con un amico, ci imporrà di rinunciare alla nostra prerogativa migliore: quella di essere animali sociali.
* Laureato in economia e commercio, ha conseguito un dottorato di ricerca in matematica per l’analisi dei mercati finanziari ed è ricercatore universitario presso il Dipartimento di economia dell’Università dell’Insubria .Da sempre sensibile e attento alle tematiche dell’educazione finanziaria, che sa rendere in forma molto divulgativa, accessibile a tutti.
