Il posto nr. 1 con vista sul futuro

L’esperienza forzata della “didattica a distanza” ha fatto capire l’importanza delle lezioni dal vivo, in classe. Dove, oltre all’istruzione, si impara anche la vita: dalla disciplina all’incontro con gli altri e al rapportarsi con loro, dalla comprensione di sé all’attenzione verso gli altri. I giovani, coscienti dell’importanza della formazione per il loro futuro, vogliono che la scuola sia messa in cima all’agenda della politica.

Pietro De Luca*

Cosa si può imparare dalla tempesta abbattutasi sulla scuola. L’esame più importante che la politica deve superare per la società di domani.

In molte città gli studenti – stanchi di scuola a distanza e di videolezioni – sono scesi in piazza rivendicando a gran voce il ritorno in classe. Molti studenti hanno sfidato il freddo invernale e hanno addirittura portato i banchi all’aperto. Intabarrati dalla testa ai piedi, hanno dimostrato all’opinione pubblica quanto vogliano la scuola “dal vivo”, con tutti i valori che questa rappresenta per la formazione. Di più: un po’ ovunque si vuole che la scuola torni in cima alle priorità della politica. Qui si gioca il futuro dei giovani e delle nazioni. Hanno ragione, e hanno fatto anche la scoperta che tutti ci auguravamo che venisse fuori, un ottimo segnale. C’è da esserne felici. Ultimamente la scuola stava assumendo la condizione di qualcosa destinata a perdersi. Troppi accadimenti lasciavano pensare ad una stanchezza che avrebbe portato all’incertezza totale: conflitti tra genitori e insegnanti finiti a percosse, ragazzi irrequieti e persino violenti, insegnanti demotivati, penuria di aule e di attrezzature, problemi di sicurezza, scarsi risultati nel profitto e valutazioni disparate tra voti in classe e voti sui modelli Invalsi.

Ora i ragazzi stanno dicendo in pratica: torniamo a scuola perché solo la scuola in presenza ci piace davvero.

E sì, perché nessun’altra umana avventura, al pari della scuola, è quella cosa tanto brutta quanto bella. Sempre, però, quando la si prende sul serio. È brutta quando ci sei dentro – così dice chi la frequenta. È bella, bellissima – ci tornerei domani –  quando l’hai lasciata.

La scuola è vita. A scuola accade tutto: la scoperta di sé e l’incontro con l’altro; il collaudo del soggetto nell’orchestra che è la classe; a scuola vivi e provi emozioni; nascono sentimenti e per essi gioisci e soffri. E poi a scuola stai con gli altri, collochi corpo e mente accanto e insieme agli altri. E incontri occhi negli occhi l’insegnante, colui che ti indica un segno e una direzione. Qualcuno lo dimentichi, altri ricorderai come professori di quella o quell’altra disciplina, qualche altro ancora te lo porterai dentro a vita come maestro. Spesso è colui con il quale ti sei confrontato o scontrato interiormente e, in questa lotta, ha prevalso l’elezione tua per lui e, a livelli alti, finanche sua per te: “Ho seguito le lezioni di… mi sono laureato con… ho ricoperto la cattedra che era stata di…”.

Stanno scoprendo tutte queste cose i nostri ragazzi al tempo del Covid19? Forse è esagerato dire sì. Ma è certo che stanno vivendo una prova delicata. Vivono la fatica di apprendere e di esercitarsi fuori da quel contesto che ne favorisce l’esercizio. E già, perché altro è suonare da solista, altro è salire sul palco. Il sapere passa per la carne: occhi, orecchie, mani, postura, voce, flessione, sussulto, distrazione, noia. Sanno tutto questo, ragazzi e insegnanti. Possiamo ripassarcelo anche noi se, per esempio, rivediamo qualche filmato della scuola di Barbiana, con quel maestro che fu don Lorenzo Milani, che stava in quell’aula facendo tutt’uno con i suoi ragazzi.

È vero, alla scuola il Covid19 sta nuocendo molto. Ma, se appena un po’ questo intervallo triste verrà da tutti, proprio tutti, investigato fino in fondo nei suoi risvolti problematici, si leverà un coro all’unisono per gridare: la scuola non è bella, è bellissima, rimettiamola al suo posto senza incertezza. Il suo è il posto numero uno.

* Giornalista, commentatore di fatti di cronaca e di costume, di letteratura, soprattutto di giovani, religione, scrive per i giornali della sua terra – la Calabria dove è parroco di Paola, in provincia di Cosenza – e per quotidiani e riviste anche estere. Ha collaborato per anni al “Giornale del Popolo”, è coautore di libri (suoi scritti figurano nei libri “David Maria Turoldo, Il coraggio di sperare”; “Il dono di Turoldo”, “Segni di terra. Sul cammino dei viaggiatori dello spirito”.