Le maschere e la verità. Come scremare l’informazione

Troppa la disinvoltura con cui si alimentano facili illusioni che poi svaniscono in un attimo. Quando la realtà è inaccettabile, ognuno recita la sua parte anche senza crederci. Visto che nessuno è in grado di indovinare il futuro, bisogna imparare l’arte di vivere alla giornata. Senza progetti e con pacata rassegnazione.

Emanuela Monego*

Pirandello, prima che un artista, era un acuto filosofo: in modo diverso e con diversi esiti ci propone e ripropone, in molteplici situazioni e con ogni tipo di personaggio, un messaggio antico ed eterno: la parvenza esterna e la vera essenza delle cose non coincidono mai.
Nel drammatico, confuso ed incerto periodo che stiamo vivendo stride il contrasto fra i toni altisonanti di chi ne dà un’interpretazione pubblica e i toni sommessi di chi cerca modalità di adattamento spicciolo nella quotidianità. Abbiamo avuto tutti modo di constatare come il linguaggio dei media (ritenuti fino a poco tempo fa la fonte primaria di ogni informazione) debba essere vagliato, scremato e accolto con beneficio di inventario. Il giorno prima evocano l’incubo della paura, il giorno dopo ostentano la soluzione (che non funziona mai) per risolvere tutti i problemi, dando per scontato che il pubblico dei comuni mortali non sia in grado di esprimere critiche e trarre proprie conclusioni, tanto più sconfortanti se teniamo presente che i messaggi ufficiali provengono dalla stanza dei bottoni. Alimentare illusioni che si sgonfiano in un attimo è anche peggio che abbandonarsi al pessimismo: gli esempi incresciosi sono fin troppi, le persone pensanti non possono che essere scettiche.

Due donne con mascherina che fanno la spesa
Spesa al supermercato: nei negozi e nei locali pubblici e sui mezzi di trasporto, oltre che a scuola (dove si tengono le lezioni), le mascherine sono d’obbligo. In alcuni Paesi, ad esempio l’Italia, la spesa è una delle possibilità d’uscita da casa nelle zone rosse, dove è richiesta la certificazione. Si può circolare solo per motivi sanitari o di lavoro.

Piccole strategie pratiche di sopravvivenza

Dovendo sopravvivere, la gente nel concreto si adatta, anche perché – nonostante restrizioni, divieti e colorazioni varie – rimaniamo fermi più o meno al punto di partenza. Ecco quindi che, nel nostro piccolo, abbiamo consolidato alcune strategie:

  • Le coppie che sopravvivono alla clausura hanno imparato a darsi appuntamento al supermercato, dopo un attento e rigoroso studio degli articoli che “si possono trovare solo lì e non altrove”.
  • Abbiamo imparato a sfruttare le stradine secondarie, anche se anguste e scomode, per sfuggire ai controlli sulle strade principali: ore per fare pochi chilometri in linea d’aria, ma va bene così.
  • Conserviamo con amore un paio di occhiali rotti e di scarpe senza tacco che giustifichino il nostro tragitto verso l’isolato dove si trovano l’ottico e il calzolaio, che ovviamente non li aggiusteranno mai….
  • Coltiviamo con cura l’amicizia (preziosa come mai) del farmacista che vende il galenico altrove introvabile: la sua consapevolezza e complicità sono la premessa indispensabile del tutto.
  • Mai come ora è apparsa indispensabile e salvifica la presenza di Fido, bisognoso di uscire fino all’usura dei polpastrelli: la passeggiata col cane ha aperto nuove dimensioni di socialità rionale.
  • Gli astutissimi studenti in DAD ormai si passano persino i pensieri, versioni e problemi viaggiano col teletrasporto istantaneo.
  • Tuta e scarpe da ginnastica hanno utenza senza limiti di età e categoria: si sa che fra una corsa e l’altra è necessario ossigenarsi e riposare, e così l’attività sportiva può diventare passeggiata.
  • Fondamentale è lo stoccaggio dell’immondizia, specie il voluminoso e pesante secchione del giardinaggio che si può trasportare soltanto in macchina.
  • Dopo aver speso una quantità variabile di soldi, abbiamo scoperto che le mascherine monouso si riutilizzano tranquillamente (tanto da fuori non si vede); le abbiamo più volte dimenticate in tasca e abbiamo appurato che sopravvivono anche al lavaggio in lavatrice.
Gruppo di persone con mascherina
Persone in cammino con mascherina. Si dovrebbe sempre mantenere una distanza minima di un metro, meglio anche più, specie se si tratta di persone anziane, per abbassare i rischi di contagio.

Nuove abitudini sostituiscono vecchi schemi

Insomma, visto che non è andato tutto bene (ad onta dei cori e degli arcobaleni), alla cancellazione dei vecchi schemi di vita stanno subentrando nuove abitudini, alle amicizie impossibili (rimpiante con profondo dolore ma, ohimè, in via di archiviazione dopo aver constatato che la videochiamata è un triste surrogato) si sostituiscono quelle nuove, frutto di impegni condivisi e di percorsi comuni.

Uomo a spasso con cane
Il cane è diventato utile – oltre che come compagnia per chi ne dispone – anche per una libera uscita dei padroni. Fa bene alla salute dell’animale e di chi lo accompagna.

Se Atene piange, Sparta di certo non ride: anche i no-mask, gli impavidi, gli irriducibili della negazione non se la passano poi così alla grande. Intanto perché, se è relativamente sicuro lo spazio chiuso fra quattro pareti, per strada si rischiano multe salate, quindi obtorto collo ci si deve adeguare alle norme comuni, magari rimediandoci pure qualche figuraccia con chi ci reputava al di sopra del bene e del male. Adunanze e riunioni sono a rischio e pericolo dei partecipanti, e solo gli imbecilli possono postare le foto (o peggio, le locandine) sui social, rischiando di farsi beccare sul più bello; se un evento ha dimensioni catacombali è come se non esistesse, anzi è decisamente da sfigati, dunque è meglio lasciar perdere. E poi capita pure che il negazionista si ammali: sparirà per qualche giorno, poi darà il triste annuncio (“tampone positivo”) su Instagram e su Facebook, presentandolo come una sciagura ineluttabile, proprio come il manzoniano Don Ferrante, vittima della peste per un malvagio capriccio degli astri e del destino e non per essersi esposto con ostinata imprudenza al contagio.

Flaconi di vaccini
Inutile dire che per vincere la guerra contro il coronavirus è decisiva la vasta campagna di vaccinazione, che ha fatto registrare però troppi ritardi in troppe nazioni.

Insomma, oggi più che mai l’unica bandiera da seguire è il proprio buon senso, la sola voce da ascoltare e alla quale prestare fiducia. Inutile dire che è dura, anche perché le luci sul tempestoso orizzonte brillano sempre più lontane e sembrano sempre più fioche: siamo tutti consapevoli che nessuno è in grado di stabilire come sarà il futuro, quindi l’imperativo di ognuno è vivere alla giornata, senza progetti e con pacata rassegnazione.

*Docente di scuola superiore, scrive da anni articoli e saggi di osservazione critica su dove stanno andando il costume e la società, con acutezza di analisi e di giudizio. Vive e lavora a Roma dove ha seguito e segue tantissimi studenti in lezioni di recupero e corsi di doposcuola. Dice dei cristalli di brina:
“Sono belli ma pungono”.

Emanuela Monego