L’Unione europea sta lavorando a una nuova legge che dovrebbe essere approvata entro questa primavera, emergenza Covid permettendo. In dieci anni previsto l’investimento di mille miliardi di euro. I disastro ambientali che avvengono in tutto il pianeta e che purtroppo si abbattono anche alle nostre latitudini, non consentono ulteriori tergiversazioni. L’avvento di Joe Biden alla Casa Bianca è un segnale di buon auspicio.
Giuseppe Zois
Siamo entrati in una nuova era climatica. Da che mondo è mondo – assicurano gli esperti – non s’era mai rilevata una tale concentrazione di anidride carbonica, accreditata a quota tra i 390-410 “ppm” (parti per milione). Il ritmo di crescita è dato in 2,5 ppm all’anno. Significa che per ogni milione di particelle di varia natura, presenti in atmosfera, 390 sono di anidride carbonica. Al cambiamento della composizione chimica dell’atmosfera vengono fatti corrispondere i mutamenti degli equilibri chimico-fisici che regolano il pianeta e, quindi, la nostra vita.
Chiunque rileva i disastri, sempre più spesso le catastrofi, del clima sul territorio: alluvioni, cicloni, uragani, tsunami, incendi. Questi ultimi, a causa della combinazione di siccità e alte temperature hanno una potenza di fuoco che non s’è mai vista nel passato:
- in Australia e in California negli ultimi roghi che sono scoppiati sono stati raggiunti i centomila kilowatt al metro, con rischio di desertificazioni estese;
- in Sicilia addirittura il 70% delle terre rischia di non essere più coltivabile nei prossimi decenni;
- una regione come la Liguria sarà allagata dal mare che si sta alzando di un metro in questo secolo.
A ogni ciclone – ora non più solo in lontani continenti, ma anche alle nostre latitudini – è sempre peggio, con bombe d’acqua, paesi trasfigurati da frane e crolli, sommersi da fango e detriti, danni ingenti, rovine, purtroppo numeri sempre più elevati di dispersi, sfollati, feriti e morti. Ci ripetiamo ad ogni sconvolgimento che dobbiamo ripensare il nostro rapporto con il pianeta, modificare molte abitudini, metter fine al saccheggio del territorio, alla colpevole incuria, agli abusivismi edilizi con disboscamenti colossali e con gli scogli divorati da un’inarrestabile cementificazione.
La geografia degli squarci che restano dopo ogni cataclisma non conosce più confini: siamo in presenza di un rischio globale sempre più incombente e l’esperienza dovrebbe contemplare l’attuazione sollecita di mezzi di contrasto e adeguati sistemi strutturati di interventi. Certi eventi in passato eccezionali sono diventati frequenti e ciascuno può far casistica con la propria memoria. Ogni temporale che si annuncia diventa una minaccia angosciante, ma si resta impantanati nel limbo delle intenzioni.

Piani, progetti e opere procedono con troppi ritardi rispetto alla velocità dei cambiamenti e alla conseguente urgenza del “prevenire”. Si continua irresponsabilmente a credere nello stellone e si tergiversa sul “se” invece di affrettare in vista del sicuro prossimo “quando”. Quante volte è stato detto che occorre cambiare soprattutto nell’uso dei combustibili fossili: obiettivo chiaro, ma si resta ai piedi della scala perché ci sono elevati interessi in gioco. C’è da sperare che l’arrivo alla Casa Bianca di un Presidente come Joseph – per tutti Joe – Biden metta in atto quello che ha annunciato come suo programma e cioè un grande impegno per l’ambiente e il clima, con il ritorno agli accordi del vertice di Parigi, da cui s’era con arroganza stellare chiamato fuori Trump.
Entro la metà di questo secolo si vuole arrivare alla neutralità climatica con relativa tabella di marcia. Con investimenti totali dell’ordine di mille miliardi di euro in dieci anni, l’UE sta lavorando a una nuova legge sul clima che dovrebbe essere approvata entro questa primavera 2021, in base alla quale ogni settore dovrà avere un target per le varie emissioni che si potranno produrre. Forse è vero che quando la vastità di un problema impaurisce si arriva al punto di fingere che non esista: ma sui duri sentieri ai quali ci costringe l’emergenza climatica, alla quale si è sovrapposta quella da coronavirus, non si può passeggiare con le infradito.

Livelli di CO2 abbassati dell’8,8% nel mondo
Negli anni passati, in ogni inverno-primavera c’era un’emergenza che tornava d’attualità: l’avvelenamento del clima, l’ozono, le polveri sottili con conseguenti provvedimenti per ridurre il traffico e abbassare i rischi di intossicazione da monossido di carbonio. C’erano sigle che erano entrate nel linguaggio quotidiano: il CO2, il PM10. Un proverbio dice che “un diavolo scaccia l’altro”, forse va così – in parte – anche con le emergenze. La pandemia, con i lunghi periodi di confinamento imposto, poi riproposto in novembre-dicembre ha abbassato dell’8,8% su scala mondiale i livelli di CO2 emessi nell’atmosfera. Non è pensabile che si possano lasciare le auto in garage come è stato per mesi nel 2020 ma forse qualche utile lezione per i nostri comportamenti si può mettere in atto a salvaguardia del pianeta, della nostra salute, del futuro.

I ghiacciai perdono 1300 tonnellate all’anno
Non si può più tergiversare né stare a disquisire. Ci sono i documenti che parlano e in virtù dei quali ora si impongono interventi e non chiacchiere accademiche. I satelliti non fanno sconti con le immagini che mandano sulla Terra e che dimostrano inequivocabilmente l’impressionante ritirata dei ghiacciai. È un’accelerazione senza precedenti nello scioglimento dei ghiacci. Sull’arco degli ultimi 30 anni la perdita annuale è salita da 800 miliardi di tonnellate a 1.300 miliardi di tonnellate. A conti fatti, dal 1994 al 2017, sono stati persi 28.000 miliardi di tonnellate di ghiaccio, l’equivalente di una calotta spessa 100 metri ed estesa quanto la Gran Bretagna. La situazione è in linea con gli scenari peggiori sul clima e potrà avere ripercussioni sulle comunità costiere. Lo dimostra il primo studio basato su dati satellitari, guidato dall’Università di Leeds.

Terra mai così calda da 12 mila anni
È scritto nella «memoria» degli oceani: negli ultimi 12.000 anni la Terra non è mai stata così calda come adesso. In quest’arco di tempo le temperature hanno continuato a salire senza oscillazioni, contrariamente a quanto ipotizzato da alcune precedenti ricostruzioni.
A certificarlo è lo studio di fossili marini, analizzati da un team internazionale di ricerca guidato dalla statunitense Rutgers University. I risultati, pubblicati sulla rivista «Nature», risolvono così un annoso dibattito che aveva portato alcuni scettici a sostenere che i modelli climatici usati per le previsioni sul riscaldamento globale fossero errati. La questione, ribattezzata come il «paradosso della temperatura dell’Olocene» (ovvero dell’attuale periodo interglaciale iniziato 12.000 anni fa) era stata innescata da una discordanza tra i modelli climatici e le ricostruzioni basate sull’analisi di reperti geologici.
G.Z.
Nives Meroi e Simone Moro ci dicono le temperature dai tetti del pianeta

Dice Nives Meroi del surriscaldamento sui 14 monti più alti della Terra, dove è salita con il marito Romano Benet:
“Da una primavera all’altra sono irriconoscibili. Ti affidi alle immagini di chi ti ha preceduto e non li trovi più. Le montagne, senza ghiaccio e senza neve, si sgretolano e franano. I villaggi, senza più acqua, dopo secoli vengono abbandonati. Il potere non capisce che questa periferica agonia anticipa di poco quella delle metropoli e dei cosiddetti centri della nostra civiltà. Romano ed io non saliamo per l’ebbrezza dell’impresa, ma per il piacere del viaggio e di un’avventura. Se non posso più guardare la faccia delle persone, nei campi, sui pascoli e nei mercati, partire mi rende complice… Nelle terre estreme gli eroi sono quelli che restano. La loro vita e la loro lotta quotidiana per proteggere l’armonia della natura sono sottovalutate. Gli exploit degli alpinisti star, in una società senza bandiere da opporre al nemico, vanno ridimensionati”.
(Giampaolo Visetti, “La Stampa”)

Simone Moro, primatista delle invernali sugli 8 mila metri, è severo nella diagnosi:
“Il surriscaldamento del pianeta è sotto gli occhi di chiunque voglia vedere. Non è che si ritirano i ghiacciai della Groenlandia, dell’Himalaya o del Monte Bianco. Spariscono e si ritirano anche i ghiacciai dell’Adamello, del Grand Dru, del massiccio dell’Ortles Cevedale… I crolli sempre più frequenti di pareti, come sulle Dolomiti, dove all’interno di queste pareti c’è ancora del ghiaccio che tiene o teneva uniti i pilastri di roccia che compongono in maniera calcarea questi monoliti, adesso sciogliendosi ci sono tante porzioni di questi pilastri che cadono. Succede anche qui da noi. Purtroppo il riscaldamento globale c’è e non possiamo aspettare che arrivi qualcuno con la bacchetta magica o un messia a risolverci il problema. Devono piuttosto cambiare i comportamenti di ognuno di noi, senza se e senza ma. Non c’è il messia del clima e men che meno il governante di turno che con una legge cambia tutto. Tocca a noi modificare i nostri comportamenti, la doccia invece di durare dieci minuti abbassiamola a 2, il termostato invece di stazionare sui 23 gradi di caldo in inverno può essere portato a 18-19 e al posto di prendere gli ascensori e le scale mobili, proviamo anche ad andare a piedi. Quindi risparmio energetico, risparmio dell’acqua, risparmio di emissioni… se ci attiviamo subito, lo salviamo noi il pianeta.
(Giuseppe Zois, “il Caffè”)