Monopattini? Parliamone. Ecologici, sicuramente ma da usare con la testa

Nuovi veicoli per gli spostamenti urbani richiedono una normativa specifica. In Italia c’è stata un’impennata nell’uso di questo mezzo di spostamento, incoraggiato dal governo-Conte. In molte città si assiste a una circolazione senza regole, incontrollata, in qualche caso selvaggia.

Emanuela Monego*

Certo, l’uso massiccio (e spesso eccessivo) delle automobili è fra le prime cause di inquinamento atmosferico.

Certo, lo sappiamo, i mezzi pubblici sono talvolta insufficienti di fronte ad un bacino di utenza ogni giorno più vasto, e in tempo di pandemia pigiarsi sul bus o sulla metro non è propriamente raccomandabile.

Certo, i centri urbani sono ormai inaccessibili, e il parcheggio rappresenta un costo aggiuntivo quotidiano per chi lavora in città; e poi, non dimentichiamolo, scooter e motociclette esigono un titolo specifico di guida al di sopra di una certa cilindrata.

Ecco allora comparire, in tempi recentissimi, due nuovi mezzi di trasporto alla portata di tutti (o quasi) gli utenti e di tutte le tasche: la bicicletta con pedalata assistita (relativamente più costosa e più ingombrante) e il monopattino elettrico. Piccolo, pieghevole e facile da usare, quest’ultimo compare sempre più spesso sulle nostre strade e trova impiego ottimale nei centri storici delle città con la formula dello sharing.

Il mercato tra vantaggi e svantaggi

Ovviamente, c’è monopattino e monopattino: i prezzi variano da un minimo di 250/300 euro ad un massimo di 600 euro nei comuni negozi di elettrodomestici ed elettronica; sul web i margini di oscillazione sono ancora più ampi, con offerte stracciate sotto i 100 euro e vere e proprie fuoriserie sopra gli 800. Caratteristiche comuni sono le batterie elettriche ricaricabili, il manubrio girevole con i comandi che regolano la velocità, l’autonomia (circa 30 km) e il sistema frenante diversificato per le due ruote; a seconda del modello cambiano però la potenza del motore (fra i 250 e i 500 W), la leggerezza del materiale di fabbricazione, la facilità nel piegare e trasportare il mezzo, e soprattutto la velocità raggiungibile, che non dovrebbe superare i 25 km orari, ma è destinata a salire con il prezzo: aspettiamoci in un futuro non lontano monopattini truccati (come le moto e le macchinette), magari pronti a spiccare il volo come la 313 di Paperinik. Diverso è il discorso per i modelli in sharing, tutti uguali e decisamente più pesanti ed ingombranti di quelli in vendita ai privati; le ditte che gestiscono il servizio nei vari Comuni richiedono dati e tracciabilità dell’utente, ma il fatto che il veicolo sia poco maneggevole rappresenta un’ulteriore garanzia contro eventuali tentativi di oltrepassare i confini coperti dall’App e di trafugarlo.

I vantaggi? Poter coprire distanze maggiori che a piedi, in tempi minori e senza fatica; gli svantaggi sono l’esposizione al freddo, alla pioggia, agli urti (incidenti, anche mortali, sono già accaduti) e i naturali limiti di età: proibito per legge ai minori di 14 anni, ma impossibile da immaginare sopra una certa soglia anagrafica, visto che, comunque, la guida di un monopattino richiede un minimo di agilità e prontezza di riflessi. Poi ci sono i risvolti pratici negativi, quelli di cui nessuno parla quando si glorifica la green economy, ma con cui dobbiamo fare i conti nel muoverci in auto o a piedi, legati ad un uso improprio e comunque maleducato che rende odioso anche il congegno più innocuo. Come sempre, spunta la novità e si cerca di regolamentarla, ma c’è chi osserva le regole e chi fa i propri comodi dando per scontata l’impunità.

Monopattini elettrici a Monza

Non identificabile, senza targa, senza… codice

Facciamo un rapido focus su alcuni degli aspetti riscontrabili ogni giorno sulle strade urbane in Italia, dopo la proliferazione dei monopattini avviata dal governo Conte. lI monopattino privato non è identificabile, non ha targa e chi lo guida può anche ignorare completamente le norme del codice stradale. Attraversare una corsia di marcia senza segnalare, procedere contromano o lungo strade interdette ai veicoli di questo tipo (rampe e tratti autostradali) mette a rischio la vita del conducente, eppure –documentati da video postati sui social dagli automobilisti increduli e furiosi- non mancano esempi di gente sconsiderata, la cui incolumità è rimessa al buon cuore degli automobilisti. Lo stesso succede con manovre azzardate a zig zag nel traffico cittadino, insidiose perché il veicolo è poco visibile, e non mancano persone che, nonostante sia vietato, trasportano sul trabiccolo grossi carichi o un passeggero, magari il proprio bambino. In caso di incidente, le responsabilità più gravi sono subito accollate al guidatore dell’auto o del camion, salvo prove documentate e testimonianze che attestino il contrario; non esiste, al momento attuale, copertura assicurativa per il monopattino privato, quindi meglio fare attenzione e tenersi alla larga, e questo vale anche per il pedone che rischia di venire investito sul marciapiede, dove questi signori viaggiano a velocità neanche troppo ridotta e senza segnalazione acustica.

Monopattino Voi davanti al Politecnico di Milano

La differenza che scatta in regime di sharing

Un po’ diversa la situazione per i veicoli in sharing, tracciati e quindi riconducibili a chi li noleggia tramite l’apposita App; i dati del cellulare restano memorizzati, come pure il percorso, ma c’è sempre la possibilità di utilizzare un apparecchio telefonico non proprio. Quando finisce il tragitto, spesso il veicolo viene lasciato in mezzo al marciapiede, a volte addirittura poggiato di fianco, col massimo dell’ingombro possibile. Anche le banchine più ampie e comode della capitale risultano difficili da percorrere, in queste condizioni, per chi spinge un bimbo nel passeggino, e impraticabili per una persona disabile in sedia a rotelle; al fine di limitare la pratica incivile, alcune ditte richiedono una foto del monopattino dopo l’uso, o praticano uno sconto sulle tariffe (1 euro alla partenza più 10/15 centesimi al minuto) se il veicolo viene lasciato negli spazi di sosta adeguati, ma non basta: lo slalom fra pedane e manubri (molesti e contundenti se capita di inciamparci su) rende la passeggiata in centro, già minata da restrizioni e distanziamenti, ancor più sgradevole.


La legge c’è e molto chiara, spessissimo ignorata

Naturalmente la novità del mezzo, visto subito con grande simpatia da chi si preoccupa del traffico cittadino e dei suoi nefasti effetti, ha innescato un’adeguata normativa, riassunta dalla legge 8 del 28/02/2020:

limiti di età (minimo 14 anni), di velocità (6 km/h su percorsi pedonali, 25 su strada),

limiti di transito (su piste ciclabili ove presenti, altrimenti a destra in fila, e sempre su vie con velocità massima consentita di 50 km/h);

obbligo di dispositivi di visibilità e di casco, di segnalazione manuale della svolta e di sosta nei parcheggi per i mezzi a due ruote;

divieto assoluto di circolazione su marciapiede e di trasporto passeggeri;

obbligo di assicurazione, ma – attenzione – solo per i mezzi in sharing, non per quelli privati.

E questa è la prima, grossa mancanza del legislatore; la seconda (in barba alle sanzioni pecuniarie previste) è l’impossibilità di identificare il veicolo privato, e quindi di multare il conducente scorretto, a meno che non venga materialmente fermato in flagrante.
Finché non verrà imposto un qualsiasi tipo di identificazione e riconoscimento (dopo tutto, quando compriamo un televisore o un cellulare siamo costretti a mostrare un documento e a dare i nostri dati) le norme di corretta e civile circolazione dipenderanno unicamente dalla coscienza e consapevolezza del guidatore, o – più probabile – dall’attenzione del suo prossimo, che in questo caso ha tutto l’interesse ad evitare possibili guai.

*Docente di scuola superiore, scrive da anni articoli e saggi di osservazione critica su dove stanno andando il costume e la società, con acutezza di analisi e di giudizio. Vive e lavora a Roma dove ha seguito e segue tantissimi studenti in lezioni di recupero e corsi di doposcuola. Dice dei cristalli di brina:
“Sono belli ma pungono”.

Emanuela Monego