Non di solo pane vive l’uomo

Qualcuno delle classi governanti, nell’Europa e non solo, si sta preoccupando delle conseguenze che già ci sono del lungo e pesante digiuno culturale? Teatri, sale da concerto, gallerie d’arte, musei chiusi stanno togliendo ossigeno alla nostra mente, al nostro spirito. La storia di Giulia Mazza e della sua maestra di pianoforte, Giulia Cremaschi…

Marianna Colavolpe*

Ecco una storia bellissima che sa di prodigio, e che tutti dovrebbero conoscere. È la storia di Giulia Mazza, giovane musicista friulana sorda dalla nascita, che ha imparato a suonare appoggiando al suo corpo il violoncello, particolarissimo strumento che si fa tutt’uno con chi lo suona. Ha pian piano imparato a sentirne le vibrazioni, trovando così in sé la sintonia con le note, le sonorità emesse, la musica prodotta, e pur senza poterne udire il suono, è riuscita a stabilire col suo violoncello un emozionante dialogo. E Giulia ha anche imparato a parlare, grazie a questa consapevolezza dei suoni che aveva dentro di sé, della propria ricchezza e potenzialità interiore, e grazie alla connessione cercata e trovata fra tutte le sue facoltà percettive. Non un miracolo, ma il lavoro paziente di una madre che non si è persa d’animo e di una geniale maestra di pianoforte, la bergamasca Giulia Cremaschi che, proprio come una μαιευτική di fedele formazione socratica (*), riesce a far emergere nei suoi allievi, portatori di varie disabilità, quelle facoltà interne che collimano con l’arte musicale e possono, proprio attraverso la musica, attivarsi come in nessun altro modo sarebbe possibile.
Questa straordinaria storia racconta il valore eccezionale del rapporto che ogni uomo può avere con l’arte in generale, e con la musica in particolare. La specificità umana è anche saper apprezzare l’arte in tutte le sue forme, perché l’armonia della bellezza, comunque si manifesti, si conforma perfettamente all’interiorità umana. Tutte le espressioni di bellezza e di armonia sembrano destinate all’uomo e finalizzate ad assecondare e corrispondere alla bellezza e all’ordine armonioso che sono in ognuno di noi; e allora tutto ciò che vi attiene costituisce per noi un bene essenziale.
Ma cosa vuol dire essere privati di tutto quello che alimenta la vita interiore?
Ciò sta avvenendo da più di un anno, ed è davvero strano, se non addirittura incredibile che poche e inascoltate voci ne parlino.
Mentre nessuno pensa che si possa sopravvivere senza nutrire il proprio corpo e tutti sanno che sulle nostre tavole non può mancare il “pane quotidiano”, pochi sembrano consapevoli che non di solo pane vive l’uomo, perché non di sola materia è fatto l’uomo.

Teatro Petruzzelli di Bari - Disinfestazione anti-covid
Da oltre un anno la cultura in tutte le sue espressioni soffre di una desertificazione che non può lasciare indifferenti. La pandemia è quella che abbiamo imparato purtroppo a conoscere – nelle sue conseguenze devastanti di contagiosità, ricoveri, sofferenze e purtroppo lutti – ma in generale si poteva gestire meglio questo importante settore a vantaggio di tutti. Non si può vivere solo di chiusure. E molti accessi (musei, gallerie, sale teatrali, ecc.) potevano essere contingentati e regolamentati. Invece si è optato per il blocco totale: chi si preoccupa del “digiuno” della mente e dello spirito?
Nella foto: “sanificazione” al Teatro Petruzzelli di Bari.

La pandemia ma anche altre rovinose conseguenze

Se il cibo manca ci accorgiamo immediatamente che qualcosa di grave sta accadendo e, ancor più oggi ce ne rendiamo conto, mentre per molti, per troppi, nutrirsi quanto basta è divenuta un’impresa quasi impossibile. Ce lo raccontano le file che si allungano ogni giorno alle porte della Caritas e di tutte le associazioni e i luoghi in cui si distribuiscono viveri a chi ne ha bisogno. Continuamente c’interroghiamo sui disastrosi effetti di questo cataclisma imprevisto che ha investito il mondo; conseguenze di una pandemia che ha anche spinto nel tunnel della miseria, togliendo loro il lavoro e la possibilità di sostentarsi, milioni di persone, che si stanno aggiungendo alle già numerose moltitudini di poveri. La pandemia sì, e anche le concrete decisioni prese da chi ha pensato di governarla in un certo modo piuttosto che in un altro. Ma, intanto, accanto a questa indigenza che angustia ci sono altre conseguenze rovinose, per tutti. E bisognerebbe esserne più consapevoli e attenti.
Dei teatri, delle sale da concerto, dei musei chiusi e muti, abbandonati a se stessi come cose inutili, delle arene e delle meraviglie archeologiche, animate solo da gatti vagabondi, chi si sta davvero accorgendo e preoccupando? Si ritiene, giustamente, un diritto chiedere a gran voce che chi è preposto alla tutela dei cittadini si preoccupi di fornire, ad ogni bisognoso in difficoltà, almeno il minimo necessario per alimentarsi e far sopravvivere il proprio corpo, ma non sembra un egual diritto chiedere a gran voce che ci venga consentito di alimentare la nostra mente, il nostro spirito. Anche prendersi cura della salute interiore dovrebbe essere dovere di chi deve tutelare la comunità. Pochi, e in modo insufficiente, se ne stanno occupando. Privati, come siamo ormai da un tempo lunghissimo, di tutti i canali di vita emozionale, intellettiva, culturale, non si può comunque star bene, e una società così deprivata non può che regredire nel suo livello di evoluzione civile, culturale, morale. Viene da chiedersi perché i media, che ci mostrano a ripetizione i segni tangibili della malattia e della crisi economica, per sensibilizzare al massimo chi di dovere, non ci mostrino, a ripetizione e con uguale capillare impegno, anche la desertificazione dei luoghi della cultura, della bellezza, dell’armonia, che sembrano divenuti ormai oggetti di un’altra vita e che potrebbero preludere alla desertificazione del nostro humus vitale.
Intanto continuano a mancarci, e ne soffriamo, tutte quelle cose che dovrebbero avere invece un posto di grande importanza nella nostra vita.

Il museo del Louvre a Parigi è stato uno dei primi musei che hanno chiuso i battenti all'inizio della pandemia
Il museo del Louvre a Parigi è stato uno dei primi musei che ha chiuso i battenti all’inizio della pandemia

Senza i beni necessari alla vita interiore

Ci manca la musica, con i suoi concerti nei grandi teatri tra velluti e stucchi, o nelle arene di antichissima memoria, o negli stadi e nei parchi tra migliaia di persone festanti, e anche nei vicoli, nelle strade, nelle recondite piazzette e nei cortili antichi…
Ci mancano le tavole dei palcoscenici e il suono delle parole che si diffondevano dalle labbra di attrici, attori, declamatori e di tutti coloro che quelle tavole calcavano.
Dove sono finite le sale ovattate dei musei e di tutti i luoghi d’arte dove incontravamo “faccia a faccia” i volti, le figure, le nature morte, i paesaggi suggestivi, le scene di vita, dipinte su tele, su tavole, sui muri affrescati da mani sapienti e geniali, e si provava un brivido di piacere al solo riempirsi gli occhi di quelle forme, di quei colori?
E dunque perché non si alzano voci forti a ricordare che non possiamo essere privati di tutto questo senza averne delle conseguenze dannose? Perché non si comprende che quanto ci è tolto non è un bene inferiore, di cui occuparsi poco o niente?
Il nostro essere sta subendo, per forza di cose, una frattura che ha posto da una parte il corpo con le sue basilari esigenze, salute e sostentamento, oggetto dell’attenzione di tutti, dall’altra la mente e lo spirito, abbandonati nel vuoto, desolante e quasi ignorato, di tutto ciò che ne è il nutrimento.
Questo tempo straniante e pesante, sta mettendo a dura prova la pienezza del nostro essere, da troppo tempo ormai costretto alla rinuncia di beni necessari alla propria vita interiore.
Vale la pena di ricordare che l’umanità, fin dai suoi primi respiri, ha manifestato il bisogno non solo di cibarsi per sopravvivere, ma anche di nutrire ed esprimere la propria interiorità e lo ha fatto lasciando sulla pietra delle caverne, sue prime dimore, il racconto della propria esistenza, con quei graffiti che ci inteneriscono per la loro semplicità quasi infantile, ma sono i primi indicatori della differenza specifica del genere umano. È necessario ricordarsi che non di solo pane vive l’uomo, ma anche di tutto quello che rappresenta linfa vitale per il suo spirito.

(*) Socrate: il maestro, come una levatrice-μαιευτική aiuta le mamme a far nascere i loro figli, deve aiutare i suoi allievi a far nascere da se stessi le idee e sviluppare le loro capacità interiori.

*Romana di nascita e veneta di adozione, laureata in Filosofia, abilitata anche all’insegnamento di pedagogia e psicologia. Tra i banchi della scuola ha lavorato con  la consapevolezza che essere docente e  guida  per tanti allievi rappresenti un  impegno di grande responsabilità  ed  entusiasmante al tempo stesso. Ha anche conseguito la specializzazione e il titolo di Storico dell’Arte e in tale veste ha collaborato con alcune Soprintendenze dei Beni Culturali, per la  catalogazione di opere  d’arte. Tra gli interessi più tenacemente  coltivati c’è il piacere della  relazione comunicativa con gli altri, che trova anche nella scrittura quale mezzo efficace per essere espressa.