Da un anno il nemico comune, in tutto il mondo è lo Stravirus-corona che ha imposto mesi trincerati in casa, riducendo a deserti urbani le abituali topografie delle città. Altro che tuta mimetica, s’ha da restare dislocati dove si è con il volto interrogativo sotto una mascherina d’accatto, di coton fiocco, o a filtri dozzinali, facendo così argine al pandemonio della pandemia. Ci si stranisce davanti agli spalti della tv, dove dall’alto dei minareti scientifici esperti di chiara fama, usi all’intimità con i vetrini da microscopio, salmodiano ipotesi, intimazioni, pessimismi rateali e speranze da verificare controluce. Siamo tutti precettati alle armi del buon criterio contro un avversario dedito all’empietà.
Giorgio Torelli, giornalista e scrittore
Importante non lasciarsi dominare dalla paura. Con il coronavirus, impennata del 35% per antidepressivi e ansiolitici. Nella lunga scia negativa della lunga emergenza, è consigliabile crearsi piani B, esercitando lo spirito critico.
Federica Mormando*
Molto si legge sugli effetti psicologici del COVID, che alle case produttrici di antidepressivi e ansiolitici sta procurando un aumento d’affari almeno del 35%.
Molto si scrive, ma fondamentale è una parola: paura. Osservando la gente oggi se ne può scrivere un trattato.
Non che non ci fosse, prima, la paura, geneticamente incisa negli esseri umani, ma si riferiva a realtà o immaginazioni meno condivise, mancava il nemico di tutti. Nemico insolito: invisibile e imprevedibile; non si sa dove si annidi né quando, come e fino a quando possa colpirci. Non dall’esterno, come le bombe, ma violando i confini del corpo. Non paragonabile, perché altri virus ci sembrano di un’altra razza.

È una paura corale, che, a differenza di quella per i “soliti” nemici comuni non unisce, ma divide, gettando su ognuno il sospetto di untore, anche sulle persone care, anche su noi stessi.
Paura duplicata, perché la fiducia nei detentori del potere scema di pari passo con la loro prepotente incompetenza.
Alla paura si può reagire paralizzandosi (depressione), arrabbiandosi (aggressività spalmata su tutti, visto che non si può sparare su un nemico) tentando di esorcizzarla (i negazionisti), camuffando la disperazione in allegria (gli arroganti festini).
Scrivo qui degli adulti, da cui deriva lo stato d’animo dei bambini, mentre adolescenti e ragazzi spesso sono meno spaventati, quindi più equilibrati e cauti, checché se ne dica.
Oltre alla paura, c’è la sospensione del tempo, nuovissima per queste ultime generazioni, la cui vita si fonda sull’ipotesi di un tempo futuro assicurato. Dagli acquisti rateati ai viaggi, alle agende, agli eventi progettati con anni di anticipo, le scadenze ticchettavano come orologi del futuro, implacabili, ma certe. Oggi tutto è sospeso, e il tempo perlopiù casca addosso come un recipiente vuoto, sprofondando i più nell’assenza di progetti, nella limitazione della creatività, in attesa che torni il mondo per noi normale, e con esso gli obiettivi.
In questa sospensione, la fa da padrone lo spettro della morte, più incombente e onnipotente di prima, spettro che può incitare ad usare bene il tempo che abbiamo, o a sprecarlo, nella coscienza che è limitato.
Questo è invece il momento giusto per pensare, inventare, crearsi i piani B per il dopo, studiare ciò che non si è mai riusciti a studiare. Per rinforzare i legami affettivi, anche a distanza, di cui nel bisogno si avverte finalmente la necessità.
È il momento per riuscire a vivere il qui ed ora, da tempo dimenticato nel turbine del “dopo” in cui la fretta ci faceva vorticare. E per esercitare lo spirito critico, confrontando in modo ragionato il comportamento anche di altri governi, non soltanto guardando i TG ma imparando a ricercare dati esaurienti e oggettivi. Spirito critico che, qualunque sia il futuro, è assai utile possedere ed esercitare!
*Psichiatra, psicoterapeuta