Non è per catastrofismo ma purtroppo per amara evidenza dei fatti che ogni giorno apprendiamo dai mass media. Stanno crescendo sfiducia, sconforto e depressioni. Molti disturbi psichiatrici sono curati con abuso di psicofarmaci. Pensiamo alle frustrazioni di quanti devono stare ad osservare da spettatori il passare dei giorni, con attività chiuse troppo a lungo.
Federica Mormando*
Dopo quasi un anno di lockdown, di ansie da covid, di notizie altalenanti e contradditorie come i giudizi sparati da miriadi di esperti prevalentemente ignoti, siamo un po’ cambiati.
La nota adattabilità di buona parte del genere umano ha portato molti a rifugiarsi nella tana, mentre la tendenza alla ribellione di altra parte dello stesso genere ha portato a una rabbia diffusa.
Un sottofondo di ansia permea la vita di tutti, il pensiero della morte, da cui si rifuggiva, aleggia minaccioso e porta con sé una buona dose di demotivazione, così come la sospensione del tempo, l’oscurità del domani, la mancanza di scadenze certe.
La sfiducia cresciuta strada facendo anche verso le autorità, con reazioni e dimostrazioni di insofferenza e protesta di cui la cronaca informa, spinge a desiderare di cavarsela da soli, impulso frenato dalle proibizioni a cascata.
Nonostante le apparenze, tutti speriamo che questo periodo finirà. Come ci ritroveremo? Le reazioni non saranno uguali per tutti. La diffidenza che oggi ci porta ad allontanarci dalle persone, credo resterà a lungo per molte persone; altri al contrario sfogheranno la voglia repressa di incontri, moltiplicando feste e raduni, in barba anche alle raccomandazioni per evitare assembramenti.
Ma le reazioni più comuni saranno determinate dal livello di resilienza. Frustati economicamente, alcuni testardamente si rialzeranno a qualunque costo, altri si rassegneranno a lavori insoddisfacenti o si dispereranno senza trovare soluzioni.
Certo, finirà per tutti la bella illusione degli ultimi decenni, che ci hanno fatto dare per scontati benessere e salute.
Anche fra i giovani ci sarà una discrasia, che già si avverte. Alcuni già ora soffrono di uno shock postraumatico: rifiutano di andare a scuola, di uscire di casa, di incontrare compagni. Altri attendono ogni occasione per incontrarsi, spavaldamente credendo di esorcizzare il virus ammassandosi senza prudenza, sfidando decreti e limitazioni.
Tutti hanno esaltato gli incontri video: questi resteranno di uso comune, vantaggi e svantaggi inclusi. La riduzione dell’empatia, già evidente negli ultimi anni, si è estesa, e con essa la conoscenza dei sentimenti e il controllo degli impulsi. Ne fanno fede l’aumento delle violenze, la mancanza di motivi validi per scatenare risse, le uccisioni in famiglia, con la recente variante dell’uccisione di innocenti figli, di suicidi, persone che dimissionano dalla vita per disperazione.
Siamo molto lontani ormai dagli stupidi coretti dal balcone. Sappiamo che non è andato né andrà tutto bene. Solo che non si sa come faremo ad andare avanti, anche non così bene come prima della pandemia.
Non si ripeterà l’entusiasmo ricostruttore che ha caratterizzato la ripartenza dopo la seconda guerra mondiale: non siamo uniti, non siamo fiduciosi, non abbiamo aiuti, sentiamo lo Stato rivale invece che amico. A qualche latitudine e sotto qualche cielo, forse c’è anche chi attende un salvatore, cosa ancor più pericolosa della sfiducia. C’è da sperare che nessuno si presenti come tale.
*Psichiatra, psicoterapeuta. Si impegna molto con la psicoterapia, aprendo anche alla cultura con diversi percorsi di arti, di pensiero, di arricchimento, per tutte le età. Lei stessa peraltro scrive musica e poesie e anche un po’ di saggistica. Ha fondato (anni 1980-90) una scuola per bimbi ad alto potenziale; oggi si occupa di scoprire e sviluppare talenti di persone di ogni età.. Filo conduttore di sempre: aumentare i gradi di gioia e di libertà.
