Un dilemma al bivio: vaccinazione di popolo e responsabilità individuale

Chi di noi non si è posto l’interrogativo d’obbligo da alcuni mesi: vaccinarsi sì, no, subito, più tardi? E chi decidesse di non farsi immunizzare? Le domande sono tante, alimentate anche da informazioni che inoculano paura o comunque disorientano.

Pietro De Luca*

Esiste un linguaggio che fa parte del patrimonio dell’umanità. Lo adoperiamo poco, però, anche quando occorrerebbe per chiamare le cose per nome, noi che pure ci vantiamo di dire pane al pane e vino al vino.
Proviamo a riportare qui in pagina quanto si può leggere in una Costituzione del Concilio Vaticano secondo. Si tratta di una citazione presa dagli antichi padri della Chiesa: “Dà da mangiare a colui che è moribondo per fame, perché se non gli avrai dato da mangiare, lo avrai ucciso”.
Sembra, questo argomentare, una dimostrazione, per così dire, matematica, che prende per il bavero della giacca l’ascoltatore più attento che si dia. La situazione che descrive è quella di un moribondo per fame. Il moribondo non è in grado di procurarsi da sé il cibo che gli occorre. Si dà l’impellenza che un altro si adoperi in sua vece. E se ciò non dovesse accadere? Presto detto: il moribondo muore.

Davanti a un’azione mancata

Apparentemente ci troviamo dinanzi ad un’azione mancata, appunto un’omissione. Si poteva fare una buona azione e non è stata fatta. Il rischio è sempre quello di mancare il bersaglio. Ma qui c’è di più: non si trattava di una buona azione alla stregua di tante altre. Qui c’è un soccorso al morente, una vita da salvare. Il cibo offerto era per vivere e scongiurare la morte. Per questa ragione è necessario interporre tra il cibo e la destinazione un’altra categoria imperante, appunto il tempo. Se presto arriva il cibo, la morte è messa in discussione e il pericolo allontanato. Tanto è vero che, qualora il cibo dovesse arrivare in ritardo, la morte avrebbe il sopravvento.
L’espressione evidenzia, però, con forza, come il soggetto che omette è lo stesso che produce la morte del moribondo. Non si tratta più del cibo che manca, ma di colui che agisce o non agisce.

Insegnanti in attesa di essere vaccinati al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano
Insegnanti in attesa di essere vaccinati al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano

Proviamo ad applicare adesso questo schemino al tempo nostro della pandemia. Sin dall’inizio è stato acclarato che la nostra salvezza sarebbe stata il vaccino. Il vaccino è stato inventato e la produzione è attivata. Con un postulato: vaccinare tutta la popolazione. Tutti e non una parte perché la salvezza sta nell’interezza.
Domanda: chi non si vaccina, manca a qualcosa (farsi vaccinare) o manca all’operazione in cui è impegnata tutta la popolazione per debellare il virus? Perché le assenze sono due: il soggetto senza vaccino, la popolazione senza un combattente.

E i furbetti che saltano la fila?

Secondo dispositivo regolatore: il vaccino va somministrato primariamente alle persone fragili e vulnerabili. Domanda: e chi ha saltato la fila, che cosa ha combinato? Ha sottratto vaccino a chi ne aveva più urgente bisogno. L’ha pure esposto al rischio di morire?
Se dobbiamo rispondere la risposta è sì. Potessimo non rispondere e neanche farci la domanda sarebbe comodo e sbrigativo, ma ci fermeremmo solo ad osservare che, nel caso, si è trattato solo di un malvezzo italiano e portoghese, quello di saltare la fila, aver fatto una cosa che sempre si è fatta e continuata a fare.
Quei padri della Chiesa non la pensano come noi. Tentano ancora di invitarci a guardare un po’ più lontano, all’esito di quel che si fa e non si fa. Che senza conseguenze mai si consuma. Tante volte è questione di vita o di morte. Anche quando non è apparente.

*Giornalista, commentatore di fatti di cronaca e di costume, di letteratura, soprattutto di giovani, religione, scrive per i giornali della sua terra – la Calabria dove è parroco di Paola, in provincia di Cosenza – e per quotidiani e riviste anche estere. Ha collaborato per anni al “Giornale del Popolo”, è coautore di libri (suoi scritti figurano nei libri “David Maria Turoldo, Il coraggio di sperare”; “Il dono di Turoldo”, “Segni di terra. Sul cammino dei viaggiatori dello spirito”.

Pietro De Luca