Una violenza dalle radici antiche: si faccia qualcosa in concreto per estirparla

8 marzo: oggi è la Giornata internazionale della donna! È ora di dare concretezza alle parole e di mettere in atto leggi e interventi che proteggano l’universo femminile, che perseguano di fatto l’uguaglianza di genere contro la discriminazione ancora perdurante. C’è da fare: dalla pari dignità effettiva in tutti i campi, dal diritto allo studio alle carriere aperte, alla parità di salario.

Anna Carissoni*

La radice della violenza contro le donne è la paura inconfessata dei maschi che fin dai tempi delle caverne consideravano magico il potere delle femmine di dare la vita: una cultura che si è tramandata nei millenni senza mutamenti sostanziali, anzi lievitando man mano che le donne prendevano coscienza del loro valore di persone ribellandosi alla sottomissione e dimostrando coi fatti di poter stare con dignità alla pari degli uomini in ogni campo del vivere.
I maschi imparano fin da piccoli ad identificarsi con la forza fisica e con la potenza sessuale: un dato antropologico strutturale, favorito da un contesto che li spinge ad esserne orgogliosi e dai mille messaggi che creano l’abitudine a sottovalutare le donne, spesso colpevolizzate allo scopo di non individuare i colpevoli veri.
Un quadro desolante, di cui i femminicidi sono solo l’iceberg più agghiacciante, perché ne “uccide” anche la violenza psicologica fatta di disistima, di prevaricazione, di manipolazione.
Tanti i “colpevoli” da smascherare: la pubblicità che per vendere qualsiasi cosa fa leva sul desiderio maschile; i media, che riducono sia le donne-vittime che i loro carnefici a devianza e a patologia, adombrando sempre la comune appartenenza dei persecutori all’universo maschile.
E ancora: l’assenza dalle case, dalle scuole, dagli spazi pubblici di quadri, poster, libri sul talento delle donne, scienziate, filosofe, leader politiche, letterate, pittrici, musiciste, come la sorella di Wolfang Mozart, Maria Anna, che suonava meglio di lui ma dovette smettere per imparare a cucire e trovare marito…
E che dire dei bulletti che nelle nostre scuole perseguitano le bimbe sotto gli occhi di tanti insegnanti resi ciechi e impotenti dal buonismo imperante e dall’iper-protezionismo dei genitori? E perché non spiegare alle nostre ragazze che le conquiste femminili, da loro ritenute scontate, sono state pagate care dalle loro nonne e dalle loro madri, conquiste che peraltro si vanno riducendo in tema di sicurezza di movimento, di possibilità di lavoro e di scelta, di libertà?
Anche la violenza del linguaggio comune andrebbe smascherata, mentre alle madri ed ai padri tocca la responsabilità del buon esempio di un rapporto di coppia rispettoso, di condivisione degli impegni; nonché il dovere di non vietare alle figlie ciò che invece permettono ai figli maschi, di aiutarle a scegliere bene gli uomini con i quali condividere una vita, a cogliere per tempo i segni della prepotenza e della manipolazione.
A tutti, infine, la responsabilità di agire a livello sociale e politico per costringere i governi a cambiare le leggi che ancora penalizzano l’universo femminile, costringendo ancora troppe donne ad una condizione di sofferenza silenziosa e di servile sottomissione.

*Insegnante e giornalista, collabora a testate italiane e svizzere, occupandosi con passione della difficile realtà educativa del nostro tempo e dei problemi del vivere in montagna. Le sue numerose pubblicazioni dedicate a questi argomenti hanno tutte lo scopo di favorire l’approfondimento, la riflessione ed il ragionamento critico, finalizzati alla consapevolezza ed all’impegno sociale e civile.

Anna Carissoni