Via dalla paura… con speranza e ragione

Si diceva che il tempo del coronavirus avrebbe cambiato in meglio i nostri atteggiamenti e comportamenti verso gli altri. Saremmo diventati più aperti, altruisti, generosi, solidali. La fragilità avrebbe fatto capire che c’è bisogno di sostegno reciproco nell’emergenza. Stiamo scoprendo quanto pesano paure, preoccupazioni e angosce, con aumento di diffidenze, chiusure e solitudini. Colpa anche di un tam tam mediatico che gonfia le vele del “non si sa mai”, con legami che si spezzano, amicizie che si rompono. Ma non possiamo consegnarci allo sconforto. La vita ci chiede positività, ottimismo e su tutto la speranza.

Marianna Colavolpe *

In una singolare e incredibile sospensione del nostro tempo, stiamo vivendo questa inimmaginabile “era pandemica” tra l’incertezza e il caos che c’è fuori e ormai anche dentro di noi, nella scoperta della fragilità umana di cui, forse, avevamo smarrito il ricordo e la consapevolezza. Il diabolico virus ha fatto la sua comparsa con la sue scie di dolore che si manifestano sotto le più diverse forme e, quando sembrava di essercene liberati, eccolo riapparire. Il mondo non è nuovo a drammatici momenti e a pericoli diffusi in tutti i suoi continenti. Guerre, carestie e pandemie hanno costellato, e ancora feriscono, la storia dell’umanità; ma mai come oggi l’insorgere di un pericolo per la salute aveva determinato un riverbero tale da diventare l’unico grande problema del mondo, facendo quasi sparire ogni altra cosa. Restiamo sorpresi e sbalorditi di quanto facilmente l’uomo possa essere condizionato da un sentimento, la paura, che sta invadendo tutti i gangli della nostra umana esistenza. La paura, aiutata non poco da un tam tam mediatico che le fa da mantice e gonfia le sue vele, ha pian piano sgretolato in noi la fiducia, e la diffidenza è diventata la cifra dei nostri comportamenti. Si allentano, se non addirittura si spezzano, i legami di affetto, di solidarietà sociale e s’incrina l’amore per l’altro, che diventa un possibile “untore”.

Salutare sottrarsi al mondo virtuale

Da quando ogni persona che incontriamo, ci hanno detto, può essere tramite di contagio e di morte, chiunque essa sia, fino ai nostri affetti più cari, come figli, nipoti, fratelli, per non dire poi degli amici, dei colleghi, dei vicini di casa, al timore della malattia e della morte si è saldata l’ossessione della sicurezza, che ormai ci padroneggia. E siamo sempre più disponibili anche alla rinuncia di ciò che è basilare per il nostro essere uomini, in preda a un unico bisogno: chiuderci in un guscio, rinunciando volontariamente alla vita, per non rischiare di ammalarci e di morire. Grande paradosso, proprio come quello del ricco avaro che vive in miseria, per la paura della povertà!

È vero, continuamente torturati dalle tante voci vaticinanti e allarmanti, ci stiamo confrontando con un tempo assai difficile, che si è via via dilatato e sembra interminabile, e il nostro cuore, passo dopo passo, si chiude alla speranza di “uscir finalmente a riveder le stelle”. Ma non c’è giorno grigio che non possa essere illuminato da un raggio di sole, come non c’è momento cupo della nostra esistenza, che non possa essere rischiarato dalla luce della speranza.

Si deve, con noi stessi e con gli altri, essere generosi di fiducia, di positività e soprattutto di quel vasto e ricco mondo interiore fatto di affetti, di emozioni, di rapporti, di lavoro, che sono il vero tesoro della vita, rifiutando di farsi vincere dallo sconforto, dall’assillo della morte incombente. Sarebbe anche salutare sottrarsi ai tanti esperti d’ogni sorta, che ci presentano come “desiderabile” un mondo virtuale e un radicale cambiamento dello “ stile di vita”. Ci propongono relazioni online, la soppressione di quelle effusioni affettive che ci arricchiscono e ci scaldano l’anima; ci decantano gli acquisti via internet, che lasciano vuoti negozi e strade, e spente le luci delle città; incentivano lo smart working come lavoro intelligente, quasi che lavorare come finora abbiamo fatto sia da dementi!

Per quelli che celebrano la didattica a distanza

Alcuni, arrivano a vagheggiare la meraviglia della Didattica a Distanza e neanche lontanamente si soffermano sulle difficoltà, la disparità e la deprivazione culturale e sociale che si verifica nell’allontanamento dalle aule scolastiche, per un bambino o un adolescente.

Ci si crogiola, quasi, enfatizzando un sistema di isolamenti e privazioni che, invece di essere attuato solo per un tempo breve ed emergenziale, si pensa di prorogare “ad libitum” e “sine die”. Ma di emergenza in emergenza dove finiremo? Tutto questo fiorire di opinioni, a dir poco stravaganti, disorienta la mente, con conseguenze anche a lungo termine. Forse, sarebbe più ragionevole comprendere che non si potranno mai azzerare tutti i rischi del vivere. A fronte delle tantissime considerazioni sul bisogno di sicurezza, davvero minima è la valutazione di quanto dura possa essere la costrizione all’isolamento affettivo e sociale. Così, mi appare chiaro che proprio adesso non bisogna perdere il filo della ragione. Non si può cedere alla tentazione di assuefarsi al peggio e alla paura patologica, che fa ruotare la nostra vita intorno ad un solo asse: la pandemia di Covid 19. L’onda di una malintesa tutela dei cittadini, sta diventando uno tsunami che rischia di travolgerci ancor più della malattia stessa. Ora ci serve una paura sana, non contrapposta a razionalità e fiducia, ma supportata da esse in un benefico equilibrio. Se, per un tempo che ancora non possiamo determinare, la paura ci deve essere compagna, bisogna fare in modo che sia un’amica che ci aiuti a difenderci dal male, usando tutte le cautele possibili per proteggere noi stessi e gli altri, senza però sottometterci ai suoi dictat.

La più coraggiosa decisione che puoi prendere ogni giorno è di  essere di buon umore. E questo fa solo bene alla salute”, scriveva Voltaire. L’essere umano ha combattuto e vinto le sue battaglie sopravvivendo al peggio, anche in questo frangente ce la farà, ricordando che il migliore antidoto alla paura è la speranza.

* Romana di nascita e veneta di adozione, laureata in Filosofia, abilitata anche all’insegnamento di pedagogia e psicologia. Tra i banchi della scuola ha lavorato con  la consapevolezza che essere docente e  guida  per tanti allievi rappresenti un  impegno di grande responsabilità  ed  entusiasmante al tempo stesso. Ha anche conseguito la specializzazione e il titolo di Storico dell’Arte e in tale veste ho collaborato con alcune Soprintendenze dei Beni Culturali, per la  catalogazione di opere  d’arte. Tra gli interessi più tenacemente  coltivati c’è il piacere della  relazione comunicativa con gli altri, che trova anche nella scrittura un mezzo efficace per essere espressa.